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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 14:29.
Tra le liste che spopolano online, quelle generazionali vincono sempre. Elenchi interminabili di personaggi, serie televisive, tormentoni a seguito del classico «Sei nato negli anni XXX se...».
Visto l'entusiasmo che circonda queste iniziative, ecco un «generational test» per i nati tra la fine degli anni 70 e gli inizi degli anni 80: provate a ripercorrere la discografia di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti. Se alla frase «Gimme Five» risponderete in automatico «all right», e a «Ciao mamma» farete seguire «guarda come mi diverto»; se il pensare positivo è per voi comunque associato all'essere vivo, l'ombelico del mondo evoca il rumore di jambè e fischietti, e quella rap è l'unica serenata che abbiate ricevuto o dedicato nella vostra vita – significa due cose: la prima è che siete davvero nati a cavallo dei due decenni, la seconda è che Jovanotti è il cantante che vi ha portato per mano fino a quello che siete oggi. Nirvana o Take That, letture impegnate o «Cioè» non importa: Jovanotti c'è stato sempre. Questa generazione precaria, globale, sveglia o svogliata che riempie le pagine dei giornali e le classifiche della disoccupazione mondiale è anche un po' colpa e merito suo.
Lo incontro a Cortona, cittadina toscana dove abita da qualche anno. Cento chiese per mille abitanti, colline verdi, stradine pulite e un mix di arte e ribollita. Appuntamento alle 13,30 al ristorante La Saletta. Lorenzo arriva con sciarpone, cappello e una cartella sulle spalle. È di Teresa, sua figlia, che quando è nata - grazie alla ninna-nanna scritta dal papà - ha dato nuova linfa al giorno di Santa Lucia. Era il 1998 e la radio suonava a tutte le ore: «È per te il 13 dicembre, è per te la campanella a scuola, è per te ogni cosa che c'è ninna na ninna eh». Teresa, che di Lorenzo Cherubini ha i dolci occhi chiari e l'altezza, ha il braccio rotto per una pattinata sul ghiaccio finita male. La prima firma sul gesso è stata quella del papà, ma la mamma Francesca, la donna più invidiata della musica pop italiana per essere dichiaratamente la musa delle sue canzoni d'amore, non se l'è presa.
A tavola sono tutti vegetariani. Jovanotti ordina un piatto di fagioli e spinaci in padella. Non è imbarazzante essere carnivori tra i Cherubini, perché non c'è un'eco-morale che li accompagna. Anzi. «Nulla mi fa essere meno ecologista di un ecologista», dice il cantante. «Se una persona mi parla di pale eoliche spacciandole per la soluzione ai mali del mondo, sono in grado di iniziare una battaglia di principio contro le pale eoliche». Nel libro "Viva Tutto!", una corrispondenza di mail tra lui e il filosofo Franco Bolelli, Jovanotti definisce il guru ambientalista Rifkin «uno di cui si dice un gran bene, ma che non mi convince fino in fondo». Gli ricordo di quando i suoi fan scoprivano l'ambientalismo cantando «amici e nemici, che comodità, villaggi di fango contro grandi città. Salvami salvati salvaci salviamoci salvali salvati salvami salviamoli», e tutti volevano andare con l'Interrail fino a Caponord e poi trasferirsi in America Latina per cercare il «Quinto mondo» che dà il nome all'album del 2002. «Non ero allineato con il movimento no-global, ma ho sempre creduto in un'idea di giustizia sociale e partecipato con entusiasmo alle manifestazioni per promuoverla: ero a Porto Alegre e a Genova. Molta di quella energia è arrivata nelle coscienze: oggi, soprattutto dopo la crisi, le persone sono più sensibili a tematiche come la sostenibilità e la necessità di un'equa distribuzione delle risorse».