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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2010 alle ore 08:22.
La vita di famiglia non è più naturale di quanto lo sia una gabbia per un pappagallo, diceva George Bernard Shaw con sorridente atrocità. Giovannino Guareschi (1908-1968) deve essersene ricordato quando ha messo mano alla serie di racconti umoristici di argomento familiare, ora raccolti a cura dei figli Alberto e Carlotta. Tutti conoscono Guareschi come padre della saga di Don Camillo e Peppone, interpretati da Fernandel e Gino Cervi in film tanto vivaci che non ci stanchiamo di vedere e rivedere. Forse però non tutti sapevano che Guareschi è anche autore di questa vera e propria saga familiare: il primo volume comprende più di cinquecento racconti che ritraggono con ironia l'Italia fascista e del secondo dopoguerra; il secondo, che includerà oltre trecento pezzi scritti fra il 1953 e l'anno della morte dello scrittore emiliano, uscirà nel 2011. Si tratta di scritti apparsi in rubriche del «Bertoldo», del «Candido», di «Oggi», «Gioia» e in parte già editi in altri volumi, quali L'Italia provvisoria, Lo Zibaldino, Corrierino delle famiglie eccetera.
Tornare oggi a leggere questo Guareschi è una continua riscoperta e una conferma: è uno dei più grandi umoristi del nostro Novecento, capace di fare genialmente tesoro della lezione paradossale di Pirandello e di quella tradizione comico-umoristica che ebbe nell'ottocentesco Collodi il maestro e l'interprete indimenticabile, in grado di aprire la strada all'umorismo moderno. Appunto con delle sorprese per il lettore. Si pensi al modo in cui il fascismo e l'Italia del dopoguerra esaltavano con tanta retorica il maschio virile, forte ed efficiente, e la famiglia come nucleo di affetti non conflittuale in cui le donne recitavano il ruolo di mogli e figlie teneramente sottomesse e devote al maschio, padre e fratello che fosse. Guareschi colpisce questi falsi miti con un'ironia e una satira feroce e coraggiosa.
I bambini sono energici e autonomi, e la loro infanzia è ben lontana dall'essere innocente. Albertino e Carlotta sono anzi rappresentati talora come una sorta di nemici, che trovano un'ulteriore alleata nella madre Margherita: in realtà Ennia Pallini, che andò a convivere con Guareschi negli anni Trenta, in un'epoca in cui ipocrisia dei laici e moralismo dei bigotti convergevano in un identico giudizio negativo su simili scelte. La bimba Carlotta è indipendente, granitica e decisa, anticipa di anni la figura della svedese Pippi Calzelunghe. Il padre è un inetto la cui presunzione di superiorità è di continuo smentita dalle piccole – ma alla grande fallimentari – imprese domestiche: salire su una scala «brevettata» per finire con lo staccare lampadari, distruggere soffitti e pavimenti, e chi più ne ha più ne metta.