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Cultura-Domenica Arte

Lo Stile: le origini del neoplasticismo di Mondrian in una mostra a Parigi

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Questo articolo è stato pubblicato il 21 dicembre 2010 alle ore 15:05.

Mondrian ritorna a Parigi. Il pittore olandese, campione dell'astrazione geometrica, nacque ad Amersfoort nel 1872 e morì a New York nel 1944. Ma dal 1911 al '38 (a parte una pausa durante la prima guerra mondiale, fra il 1914 e il '19, quando rientrò nel suo Paese natale), visse a Parigi. Ebbene, a un anno e mezzo di distanza dall'asta di Christie's, dove tra i vari capolavori messi in vendita della collezione di Pierre Bergé eYves Saint Laurent una sua «Composizione con blu rosso, giallo e nero» se ne andò per la bellezza di 22 milioni di euro, il Centro Pompidou rende onore al pittore. E non solo.

La mostra
Perché la mostra, aperta fino al prossimo 21 marzo, è intitolata «Mondrian/De Stijl». Sì, in olandese «Lo stile», il titolo di una rivista, fondata da Theo Van Doesburg, intorno alla quale si creò un movimento (non ufficiale, a dire il vero), che applicò il «credo» dell'astrazione geometrica ai settori più diversi, dall'architettura al design, passando per la grafica. Di quella mistica di ascissi e ordinate, di rettangoli, quadrati e losanghe dai colori primari contrapposti a spazi bianchi e linee scure.

Lo origini
Uno degli obiettivi dell'esposizione è proprio ricollocare Piet Mondrian, al di là del mito del genio solitario che lo circonda (accentuato da quell'esilio americano a partire dal '38, gli anni del vero successo, a New York), nel contesto in cui si sviluppò la sua opera. Perché Mondrian collaborò attivamente alla rivista De Stijl fin dalla sua fondazione, nel 1917, prendendo le distanze da quel gruppo di intellettuali olandesi un po' pazzi solo un decennio più tardi, apparentemente per un disaccordo teorico sull'uso della diagonale. La mostra si sviluppa in tre parti. La prima si concentra sulle origini del lavoro di Mondrian, quando ancora era un «normale» pittore figurativo. Ma, influenzato a livello teorico dalla teosofia del filosofo e matematico Matthieu Schoenmaekers (credeva che la realtà potesse essere espressa come un insieme di forze opposte e una contrapposizione di colori primari) e per la pittura dal cubismo, grazie a una mostra vista ad Amsterdam nel 1911, diede il via a una profonda trasformazione. I motivi figurativi (come le dune e gli alberi della sua Olanda) si sciolsero progressivamente nell'astrazione, fino alle famose griglie ortogonali, che arrivarono a partire del 1920.

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Tags Correlati: Arte | Il neoplasticismo | Matthieu Schoenmaekers | New York | Olanda | Parigi | Pierre Bergé | Piet Mondrian | Theo Van Doesburg | Van Gogh

 

Il neoplasticismo
La seconda parte della mostra parte proprio da quel momento. Mondrian pubblicò un libretto, intitolato «Il neoplasticismo», nel quale evocò la sua aspirazione a «una società fondata sulla dualità equivalente del materiale e dello spirituale, una società fatta di rapporti equilibrati». Insomma, dietro alle sue forme geometriche, solo apparentemente facili da riprodurre, c'è un'idea precisa e profonda del mondo. Il quadro non è più una rappresentazione del reale, ma «il supporto di un'emozione plastica del bello». Mondrian aveva allora poco più di 40 anni, l'età in cui Van Gogh morì. Ed era un artista come tanti. Iniziò, invece, un percorso completamente originale, illustrato da una serie di opere che il Centro Pompidou è riuscito a recuperare (non facile, perché i suoi quadri sono disseminati in numerosi musei e collezioni private).

Lo stile
La parte finale dell'esposizione, invece, è consacrata a De Stijl. Una vera sorpresa per i neofiti del genere: ritrovare quella stessa astrazione dai colori primari nella concezione di un bar (vedi il Café de l'Aubette a Strasburgo, di Van Doesburg e suoi collaboratori), di una sedia (quella rosso-blu di Gerrit Rietveld). O nelle forme rigorose di case popolari costruite all'epoca nei Paesi Bassi. Lo Stile, un nuovo stile. Pura avanguardia.

L'atelier ricostruito
Al centro del percorso espositivo è stato pure ricostruito, nei minimi dettagli, l'atelier che Mondrian aveva a Parigi, in rue du Départ. Le forme immaginate nei suoi quadri si estendevano all'intero ambiente, quasi una concezione di «arte totale»: un mondo funzionale fin quasi disumano, egualitario sino alla noia. Più tardi Mondrian influenzerà il design pubblicitario, lui che visse in quelle spoglie stanzette come un monaco. Lui che era un puro. Lui, celibe incallito, quasi asociale. Oltre alla sua arte, aveva solo una passione: il jazz. Amava ballare il charleston, in certe serate parigine.

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