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Cultura-Domenica Teatro e danza

Quegli eccentrici Boys di Bennet da "uniformare" per Oxbridge

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 dicembre 2010 alle ore 16:06.

Una classe con i fiocchi quella descritta da Alan Bennet in "The History Boys". Il prototipo del sogno di ogni buon insegnante di liceo. Un gruppo di adolescenti di Sheffield (Yorkshire) si sfida a colpi di citazioni dotte, con tanto di schetch teatrali e declamazioni poetiche di Withman e Auden. Il loro livello di preparazione è notevole ed è il risultato di anni di impegno passionale del loro professore di letteratura, Hector, che usa metodi anticonformisti, spesso estremi, per stimolare la curiosità dei suoi ragazzi prossimi a lasciare il college per l'università.

Hector (interpretato da Elio De Capitani) è un insegnante anomalo, che ha portato la classe ad un livello di affiatamento tale che gli stessi studenti gli perdonano quel patetico vizietto del "palpeggio" che mette in atto ogni volta che offre passaggi in motocicletta. Sì, perché il professore è anche omosessuale e la sua amica e collega di storia, Mrs Lintott (Ida Marinelli), lo saprà solo troppo tardi, quando l'ambizioso preside dell'istituto (Gabriele Calindri) userà il ‘punto debole' di Hector come pretesto per costringerlo a fare un passo indietro, a favore di un giovane e spavaldo insegnante (Marco Cacciola) ingaggiato con il compito di uniformare e predisporre il gruppo di adolescenti ad un elevato ma più conforme livello culturale che apre le porte di prestigiose istituzioni come Cambridge e Oxford (Oxbridge).

Così quel Dakin, bello e sfacciato, che vanta le sue conquiste femminili e ne racconta minuziosamente le performances, passerà a pieni voti a una delle due prestigiose università, così come succederà anche per gli altri compagni di classe, fra cui il tenero Posner, ebreo ed omosessuale. Con gran soddisfazione finale dell'ambizioso preside e un forte senso di amarezza e sconfitta.

Chi si aspetta una replica di "Carpe Diem" in versione teatrale rimarrà deluso. La messa in scena di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni della commedia di Bennett (che ha vinto sei Tony Award ed è stata trasformata in film nel 2006) è pulita e rigorosa, senza sbavature, molto british. Non chiama l'applauso facile, non commuove e non scandalizza. Lancia un messaggio tagliente e implacabile: non c'è spazio per l'eccentrico e per l'arricchimento culturale. Le istituzioni devono uniformare, incanalando gli ardori e le fantasie eccessive in un unico grigio binario, che conduca verso i clichés delle più prestigiose università britanniche, vere e proprie fabbriche del Sapere. Affascinante la figura del vecchio professore interpretato da De Capitani, convincente Calindri nelle parti dell'ambizioso preside e all'altezza dei ruoli quasi tutti gli otto attori under 30: Giuseppe Amato, Marco Bonadei, Angelo Di Genio, Loris Fabiani, Andrea Germani, Alessandro Rugnone, Vincenzo Zampa e Andrea Macchi.

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Fino al 23 gennaio all'Elfo Puccini sala Fassbinder a Milano

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