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Questo articolo è stato pubblicato il 22 dicembre 2010 alle ore 13:31.
Giorni belli e giorni difficili. Tra le pagine di cronaca che parlano delle proteste studentesche e quelle degli spettacoli che raccontano del cast del prossimo Sanremo c'è lui, Roberto Vecchioni, da sempre cantautore e insegnante, insegnante e cantautore. Dal piano di sotto dello studio di registrazione a un passo dal Naviglio Grande arrivano le note - lontane - di una melodia al pianoforte e qualche frase cantata: chissà se è il segretissimo brano quasi pronto per l'Ariston. Un clamoroso rientro.
A Sanremo vado per vincere
«Sono stati anni di esperienze bellissime - ricorda il professore - anni in cui io ho attraversato tutta la musica, tutti i generi, ho fatto jazz, ho fatto musica sinfonica, ho tradotto Ciajkovskij e Rachmaninov, sono tornato al pop, sono ritornato al jazz e poi improvvisamente mi è venuto questo sviluppo popolar-nazionale e… mi sono detto: ormai a Sanremo ci sono andato che ero un ragazzino, non me lo ricordo nemmeno più: andiamo anche a Sanremo! Che è un divertimento ancora superiore. E poi in realtà ci vado per vincere, perché a Sanremo ci si va per vincere».
Così, senza esitazioni?
«Per quattro cinque giorni mi sono interrogato: dopo una carriera di cinquant'anni, sei stato sempre nella tua nicchia, con le tue cose, adesso vai a Sanremo a cimentarti con tutti quelli che avranno i voti degli sms…. Poi mi sono detto: ma che c… me ne frega a me, io ci vado, eccome! Perché Sanremo, in fin dei conti, fa parte della cultura italiana».
E proprio a Sanremo si festeggeranno i 150 anni di Unità d'Italia…
«È una bell'idea. Perché le canzoni sono state lo specchio della società nei vari decenni, ci hanno mostrato dove la bussola girava, quali erano i cambiamenti ideologici, sociali, di pensiero, artistici. Era importante che Sanremo proponesse una storia rivisitata dell'Italia unita, non solo attraverso brani politici, ma brani che hanno accomunato la maggior parte degli italiani. Tutto passa attraverso la canzone: è il coro all'esistenza, è una specie di diario composto da una società sulla sua vita. Più importante dei saggi, degli articoli anche di alcuni libri, perché più immediata, arriva subito: quando parla di Dio, dei giovani, della società, della rivoluzione e della non rivoluzione...»