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Cultura-Domenica Teatro e danza

Emma Dante ricrea Cenerentola: è siciliana e balla il tango

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 dicembre 2010 alle ore 19:26.

Cenerentola e il principe amano il tango. Altro che valzer! E quando lui riconoscerà dalla fatidica scarpetta che è lei la misteriosa fanciulla apparsa a corte, balleranno appassionatamente come due veri tangueros. Sarà lei a sedurlo con la sua sensualità. Prima ancora, disperato per aver smarrito l'incantevole fanciulla, il principe si identificherà con le parole di «Perdere l'amore» di Massimo Ranieri cantando in play-back. A rivisitare con irridente comicità e sorprendente creatività la celebre fiaba di Perrault è Emma Dante.

Dopo la Carmen
Dopo aver affrontato la sua prima regia lirica con la «Carmen» alla Scala di Milano, la regista e autrice palermitana si cimenta col teatro-ragazzi, segno di una vitalità sperimentatrice che non fa differenze tra la sontuosità di un allestimento e la povertà di mezzi di una scena in scala ridotta. In entrambi il suo linguaggio si traduce con la stessa intensità e con quegli elementi riconoscibili del suo teatro: come la recitazione parossistica degli attori, l'impasto magmatico dell'italiano col dialetto siciliano, la commistione di canoni fuori regola. Con «Anastasia, Genoveffa e Cenerentola» siamo nei territori della favola, di un racconto che, adocchiando i grandi, privilegia anzitutto il pubblico dei bambini. La Dante riesce ugualmente ad estrarre temi a lei cari, quali i disagi di un nucleo famigliare, la trama di ingiustizia, di emarginazione, di riscatto, la donna sempre combattiva.

La comicità
Qui l'autrice utilizza le maglie comiche, concedendosi una giocosa e divertente parentesi, una leggerezza fanciullesca, rispetto alla abituale pratica scenica densa di linguaggi sanguigni e arcaici, di incubi e di denunce sociali. La sua «Cenerentola» assomiglia ad un cabaret metafisico. Un teatrino delle apparizioni dove ci si trasforma dietro un siparietto dando vita a marionette umane, fiabesche, della stessa natura di cui son fatti i sogni. Eppure i sei personaggi a cui danno vita quattro attori nei cinquanta folgoranti minuti di spettacolo, sono figure ben concrete, nella loro presenza di segni, gesti, movimenti che graffiano il palcoscenico.

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Tags Correlati: Compagnia Sud Costa Occidentale | Davide Celona | Emma Dante | Gino Paoli | Gisella Vitrano | Italia Carroccio | Massimo Ranieri | Michael Jackson | Musica | Valentina Chiribella

 

Le sorellastre sciatte e volgari
Le due sorellastre e la matrigna esordiscono in tutta la loro sciatteria con pigiamoni e rosse cuffie da notte. Occhialute, sguaiate, trasandate, hanno posture volgari, da ebeti. Litigano tra loro, si insultano lanciandosi anatemi dialettali, si coalizzano nel maltrattamento della sguattera Cenerentola, si ricompattano nell'illusorio ingresso nella bella società azzardando citazioni in francese. E qui è irresistibile la scena in cui, nei preparativi per la festa a corte, provano abiti di ogni sorta agghindandosi scatenate al ritmo di «Billie Jean» di Michael Jackson. Il contrappunto musicale prevede anche motivi di Liza Minelli e Gino Paoli a sottolineare i passaggi salienti della storia. Che, mantenendo la trama, s'apre a ulteriori invenzioni. Basta un paravento ricoperto di stoffe a strati e pizzi; l'accendersi di luminarie per definire i due ambienti, la casa e il palazzo; tre scope per gli amici immaginari di Cenerentola coi quali danzare, e la statuetta di una Madonnina alla quale ella si rivolge per far avverare il suo sogno.

La fata svampita
La fata che le appare è una marionetta svampita e pasticciona, e il principe, nella festa di coriandoli bolle di sapone e cotillon, è un ragazzo da operetta. Anch'egli parla in dialetto per esprimere il suo disagio, lingua privata della franchezza, ma anche della vergogna, che non si deve parlare in pubblico. Cenerentola, di indole nobile e gentile, sia dentro che fuori casa, è l'unica a usare sempre lo stesso linguaggio, proprio perché non ha niente da nascondere. E punisce chi le ha fatto del male. La matrigna viene trasformata in un mastino napoletano, con le due sorellastre ad esso attaccate come parassite che succhiano il sangue. In tempi di abitudine all'impunità, in cui i cattivi che prevaricano sui buoni sembrano modelli da imitare, questa favola noir, non buonista, di Emma, ristabilisce altri parametri di lieto fine.

«Anastasia, Genoveffa e Cenerentola»,di Emma Dante. Scene, costumi, regia Emma Dante, luci Gabriele Gugliata, con Gisella Vitrano, Italia Carroccio, Valentina Chiribella, Davide Celona. Compagnia Sud Costa Occidentale. Al Teatro Valle di Roma fino al 6 gennaio 2011.
www.teatrovalle.it
www.emmadante.it

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