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Una giornata di fantascienza

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 15:08.

Ogni volta che l'ho visitata, Londra mi ha dato una sensazione di fantascienza. Non mi sono mai fermato a chiedermi perché: lo faccio oggi per la prima volta, perché nell'ultima visita, a inizio dicembre, la sensazione è stata più forte del solito. È una somma di impressioni che ruotano intorno a un fatto fondamentale: giovedì 9 dicembre ho pranzato in un bunker-club privato mentre sopra di me erano in corso gli scontri fra polizia e studenti nel giorno del voto parlamentare al provvedimento che triplica le tasse universitarie.

Londra vive nel rapporto fra un effettivo passato ingombrante (l'impero che raggiunge il suo culmine nell'era della Regina Vittoria) e un costante tentativo di ipotizzare e inventare il futuro (opere paradossali come il grattacielo a forma d'uovo del Swiss Re Centre, il Millennium Dome e il complesso dei docks, i continui lavori di adattamento della metro alle esigenze che mutano di continuo: al momento Oxford e Charing Cross sono sventrate per la costruzione di un nuovo snodo ferroviario che sarà un'Atlantide di vetro che emerge da sottoterra). Questo scontro continuo produce un senso di accelerazione, a volte inebriante, a volte presaga.

Il pranzo nel bunker e le riflessioni sul futuro le affronto con il mio editor inglese, Simon Prosser, che raggiungo in casa editrice per l'appuntamento verso mezzogiorno. Lo Strand, il boulevard su cui danno gli uffici di Penguin, è pieno di polizia, fa freddo, c'è il sole, un elicottero staziona per aria un po' a est, grappoli di studenti camminano verso il punto di raccolta, proprio sotto l'elicottero. Forse sono un po' paranoico, ma l'elicottero fermo in mezzo al cielo mi ricorda uno dei temi chiave della fantascienza novecentesca: l'occhio tecnologico, il controllo totale.

La sede di Penguin, dove entro per la prima volta come in una basilica, è in realtà un gigantesco open space senza muri di separazione. L'ufficio è nuovo, bianco e azzurro ospedaliero, ordinato e luminoso, vitale ma poco intimo. O meglio: ha l'intimità cozy degli ambienti chiusi inglesi (la prova: ho un ricordo vago di moquette, ma probabilmente non c'era la moquette), ma la contraddice con le dimensioni eccessive e un'assenza voluta di intimità e privacy che la mia mente paranoica collega all'elicottero immobile in cielo come fossero prodotti della stessa volontà sinistra di controllo totale.

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Tags Correlati: Bbc | Cultura | Julian Assange | Laurie Penny | Londra | Penguin | Rolls Royce | Simon Prosser | Smiths

 

La fantascienza inglese si occupa spesso di politica in questi termini. Opere come 1984, Arancia meccanica, V for Vendetta raccontano il delicato triangolo fra maggioranza conformista, dittatura mediatica e violente spinte insurrezioniste/anarchiche. In ufficio, prima di pranzo, Simon mi parla delle manifestazioni studentesche, dice che le sta seguendo prevalentemente su Twitter: «Se digiti #londonriots segui tutti i tweet con questo argomento. Vengono aggiornati rapidissimamente».

Mi segnala i tweet di una certa Laurie Penny, che riferisce via cellulare da dentro i cortei. «È una giovane giornalista radical, su Twitter si chiama Pennyred, scrive sul "New Statesman". L'altro giorno ho preso i suoi tweet e li ho messi in ordine cronologico, levandone solo alcuni un po' confusi, e il risultato è una cosa che solo Twitter può fare: giornalismo in tempo reale dal cuore di un evento senza spazio per la prolissità delle dirette radio e senza la mediazione del senno di poi che trovi nei reportage scritti dopo l'evento. A fine giornata era arrivata a seimila followers perché i suoi tweet erano l'unico modo di seguire veramente la manifestazione. Bbc e simili sono rimasti indietro".

Mentre, rientrato in Italia, scrivo questo pezzo, Pennyred posta un tweet futuristico: «Agente numero 183582 dice: "Stiamo impedendo il vostro diritto alla protesta pacifica, è vero. Lo facciamo per prevenire un disturbo della pace"». Il suo tweet è un romanzo di fantascienza in miniatura: c'è il bispensiero orwelliano, con l'uso paradossale e tendenzioso della parola "pace", e c'è l'idea di descrivere l'agente solo usando il suo numero di matricola. (L'espressione originale, da me mal tradotta, è breach of peace, termine giuridico che allude alle azioni compiute contro la pace della nostra Regina, la sua corona e dignità).

Adesso provo a fare come Simon e vado a recuperare i tweet di Pennyred del giorno della manifestazione. Ecco il racconto di quel che accadeva mentre io e Simon lasciavamo il grande open space di Penguin per andare a pranzo in un club privato sottoterra: «Il mio cell è quasi scarico. Sappiatelo. / Qualcosa di Enorme brucia in mezzo alla piazza. Pare un fumogeno gigante. Fumo nero e rosso. / Situazione apocalittica. Londra brucia. / In attesa del voto, 200 studenti hanno formato un trenino. Ooh! / Hanno messo "This Charming Man" degli Smiths. / Credo di essermi fatta male alla schiena per la botta che ho preso. Non cammino bene. / Hanno votato. È passato l'aumento. Grida: "Usciamo di testa!". Ora si comincia. / Arampicati sui semafori. Polizia e ragazzi si danno battaglia. / Ci schiacciano a Whitehall. Dietro di me una donna urla. / Tornati @ucloccupation. Coperta di lividi mi siedo a scrivere».

Sullo sfondo degli scontri c'è un altro fatto politico che pur non essendo collegato direttamente sembra messo qui apposta per creare una narrazione convincente del futuro: in prigione a Londra, nei giorni della mia visita, c'è Julian Assange, il fondatore di Wikileaks. Assange sta modificando la nostra percezione della politica internazionale. La mossa di rendere pubblici i cablo dei diplomatici americani ha il bagliore della novità. Pure per chi prova simpatia per Assange è difficile spiegarsi razionalmente quali siano i meriti della rivelazione di segreti diplomatici. Il fascino di Assange sembra essere lo stesso dei grandi artisti: ci sta facendo vedere qualcosa – in questo caso, la politica internazionale – con occhi nuovi, mettendoci a disposizione squarci di realtà prima nascosti. Se DeLillo ci ha insegnato a trattare i terroristi come specie di artisti che modificano pesantemente l'immaginario collettivo, Assange spinge in avanti questo concetto dedicandosi a un terrorismo puramente psichico, che non fa vittime ma trasvaluta i valori e modifica i concetti.

E arriviamo al pranzo nel bunker: dopo aver discusso di Twitter scendiamo in un club privato sotterraneo pensato apposta per i freelance che hanno bisogno di uno spazio per lavoro e networking. È uno dei tanti club nati negli ultimi vent'anni quando l'idea del circolo per gentlemen si è estesa oltre la City e oltre il men only ha contagiato altre libere professioni. Non riesco a scacciare la sensazione che lavorare qua sotto sia una fuga dal presente: riuscirò a rispettare le scadenze anche se Londra brucia. Il club è consapevolmente arredato con uno stile internazionale levigato, soffuso, un po' da Mission: Impossible, da film d'azione con pretese d'eleganza. Il soffitto è arcuato e basso, color cemento.

Mangiamo versioni moderniste del pesce lesso e della zuppa di barbabietole. Intanto, sopra, studenti e poliziotti si scontrano, e ancora più in alto, un elicottero riprende tutto con la telecamera, zooma sugli studenti, a caccia di informazioni e dettagli in modalità realtà aumentata. Nella sala accanto a quella dove mangiamo, su larghi divani sono in corso riunioni di lavoro; non c'è una sola persona sprovvista di Macbook. Gli ambienti sono levigatissimi, orientati al beige, luci basse localizzate, precise, tipo prosa di McEwan, i divani comodi. «Qui non c'è luce», fa Simon, «puoi lavorare e dimenticare che ore sono fuori, guardi l'ora e scopri che sono le due di notte». Per aumentare il senso di distopia all'inglese, a fine pasto ordino un tè.

E ora che ci penso, il tè si fa nel bollitore, il bollitore in inglese si chiama kettle, e il verbo to kettle gode in questi giorni di una nuova popolarità, con un significato metaforico: è usato per definire la strategia della polizia di chiudere fra cordoni, in percorsi definiti, i manifestanti, impedendo loro di disperdersi e quindi moltiplicare i pericoli. (Per caso, poi, kettle suona come cattle, che vuol dire bestiame, quindi sembra che gli studenti vengano recintati come mucche.) Il gergo, nella fantascienza, è importante: usare termini comuni per dire cose insolite e un po' spaventose è un trucco fondamentale. Ricordo il mio sconcerto, quando a quindici anni lessi 1984, nel trovare il verbo vaporizzare legato alle sparizioni per motivi politici. Vaporizzare, per la sua vaghezza, era peggio che uccidere.

Prima parlavo del triangolo politico della fantascienza inglese: 1) maggioranza silenziosa conformista; 2) dittatura politico-mediatica; 3) spinte violente dal basso che possono essere organizzate politicamente o anarchicamente (V for Vendetta) o invece solo private e sintomatiche, come i drughi violenti di Burgess e Kubric.

Con gli elicotteri della polizia, i nuovi metodi per comunicare la protesta, le intuizioni di Assange, abbiamo i punti 2) e 3): dov'è invece il punto 1), la maggioranza silenziosa, i sudditi di Sua Maestà? Sono in metropolitana la mattina dopo, e tutti leggono il giornale, e su ogni giornale in copertina c'è la stessa foto: il ritratto di Camilla e Carlo seduti terrorizzati nella propria Rolls Royce incappata nei manifestanti, che la scuotono e prendono a calci.

Nel futuro in cui già viviamo c'è ancora un principe per cui il suddito in metropolitana può provare spavento e sperare che Dio continui a salvare la Regina. La Regina, d'altronde, è in pericolo ogni volta che il futuro fa capolino, come Vittoria aveva capito bene. La maggioranza silenziosa, presa tra il lavoro e l'attraente disposizione delle vetrine delle vie del centro, vede scontrarsi il potere e le spinte al cambiamento, e il giorno dopo, per dare un senso agli eventi, trova il modo per sintetizzare una massa ingestibile di informazioni in un'immagine impossibile da fraintendere: il volto spaventato della moglie del suo principe.

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