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Cultura-Domenica Arte

Vasari genio tra i geni di Firenze

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 gennaio 2011 alle ore 10:40.

Il più bel quadro di Giorgio Vasari, grande pittore architetto e biografo di cui quest'anno ricorre il V centenario della nascita, raffigura il Battesimo di San Paolo (Roma, San Pietro in Montorio), un soggetto raro, interpretato con profonda sensibilità e con uno sguardo meno ufficiale di quello applicato ad altri episodi di storia sacra. Sulla sinistra compare un autoritratto del pittore, che si raffigura con un volto giovanile, i capelli e la barba bruni e folti. È difficile immaginarsi, a partire da questa immagine un po' defilata, la statura del Vasari, che doveva essere assai piccola, così come minuta doveva essere la sua corporatura: lo lascia intendere il diminutivo «Giorgino» che ricorre nelle fonti coeve. Per esempio Benvenuto Cellini, che non aveva il benché minimo pelo sulla lingua, ai funerali di Michelangelo celebrati nel 1564 in pompa magna e sovraintesi dal Vasari, si scagliò contro quest'ultimo battezzandolo in un sonetto «l'impio bòtol» e il «crudel Giorgetto». Da quali ragioni poteva dipendere tanto livore nei confronti del Vasari, come testimonia il Lasca, affermando con indubbia enfasi che era «universalmente odiato dalla gente» non è chiaro; forse dal fatto che, dopo l'ascesa di Cosimo I de' Medici, il Vasari era entrato nelle simpatie del granduca tanto da venirgli accreditato, nel campo delle arti, un potere pressoché assoluto e il ruolo di arbitro dispotico della politica culturale fiorentina.
Fondatore della Accademia del Disegno nel 1563, istituzione nella quale si elaboravano principi e regole che sottoponevano la libertà dell'artista a un codice molto severo, al Vasari va riconosciuta la straordinaria versatilità, nella sua capacità, ancora rinascimentale, di passare dalla pittura, all'architettura, alla storiografia, disciplina nella quale diede il meglio di sé. Nel 1550 pubblicò la prima edizione delle Vite dei più eccellenti Pittori Scultori e Architetti, e nel 1568 la seconda più completa. Questo libro, oltre a essere una miniera incalcolabile di notizie non solo sugli artisti fiorentini, è una magnifica galleria di ritratti, che spesso sono capolavori anche dal punto di vista letterario. Nella seconda edizione vengono inseriti anche le vite «de' vivi e de' morti» dall'anno 1550 al '67. In vista di tale ampliamento il Vasari si era messo in viaggio percorrendo in lungo e in largo l'Italia per raccogliere informazioni di prima mano. Fu a Bologna, Loreto, Milano, Venezia, Lodi, Mantova, Verona, passando al setaccio con rigore tutto quanto potesse venire a sapere circa gli artisti di cui avrebbe disegnato il profilo.

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Tags Correlati: Alessandro de' Medici | Arte | Battesimo | Benvenuto Cellini | Francesco Salviati | Giorgio Vasari | Italia | Michelangelo Vasari | San Paolo | Santa Maria

 

Lo scopo delle Vite rispondeva all'impegno della conservazione della memoria e della conoscenza del lettore, ma gli artisti venivano passati all'esame del Vasari anche alla luce dello stretto rapporto che si stringe tra l'espressione e la vita interiore.
Secondo il biografo nativo di Arezzo l'arte italiana nel Medioevo rinacque per opera di Cimabue e Giotto, poi, in tre età corrispondenti ai secoli XIV, XV e XVI, essa tocca l'apice con Leonardo, Bramante, Raffaello e soprattutto con Michelangelo, di cui il Vasari nutriva un vero e proprio culto, che emerge da ogni riga della Vita a lui dedicata, la più lunga e densa di avvenimenti d'arte, irrorata di encomi, splendente di sincera venerazione. Non dimentichiamo che nel 1527 quando a Firenze vi furono tumulti di piazza, il Vasari sedicenne insieme al pittore Francesco Salviati aveva raccolto con amorevole cura un braccio del David di Michelangelo finito in frantumi, che i due giovani artisti salvarono, portandoli a casa e rimettendoli insieme. Nel Natale del 1541 in occasione della inaugurazione dell'affresco con il Giudizio di Michelangelo Vasari lasciò in fretta e furia Venezia per accorrere e non mancare alla cerimonia con la quale si salutava il grandioso evento.
Se la fama del Vasari storico dura incontrastata appoggiandosi a un'opera dalla quale ancora oggi è impossibile prescindere, è invece bisognosa di risarcimento la sua attività di pittore, marchiata dalla fama di essere contraddistinta da un freddo accademismo, fama invalsa per decenni, ma che il solenne anniversario si spera possa rivedere.
È vero che la pittura vasariana in molti casi risuona di una retorica illustrativa e celebrativa, risultato di un'interpretazione semplificata sia del plasticismo michelangiolesco che degli impianti scenografici di Raffaello delle Stanze Vaticane, però non si può non riconoscere al Vasari la veloce scioltezza del disegno, la capacità di organizzare le scene, benché affollate e macchinose, l'intelligenza di assimilare i modelli classici, come si vede nei primi piani della zuffa fra fiorentini e pisani affrescata nel superbo Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Più debole, e pertanto bersaglio degli strali dei colleghi invidiosi, il roboante Giudizio Universale che addobba la cupola di Santa Maria del Fiore, interprete del medesimo tema di Michelangelo della Sistina in modo dogmatico, tradotto in un impianto gerarchico, sin troppo controllato. Altri dipinti invece sono bellissimi, si veda l'Immacolata Concezione della chiesa fiorentina dei SS. Apostoli, dove sono convocati personaggi dell'Antico Testamento: Abramo, Isacco, Mosè; e specialmente il Battesimo di san Paolo di Roma.
Nella sua profonda appartenenza alla cultura e alla tradizione fiorentina, Vasari era pittore ancor più che architetto e alla pittura riconosceva una capacità «descrittiva ed evocativa» (Briganti) che nessun altra arte poteva rivendicare in misura eguale. In veste di architetto il Vasari lasciò alcune realizzazioni di grandiosa impostazione, che risentono evidentemente dei modelli michelangioleschi. Il complesso monumentale del palazzo degli Uffizi, progettato intorno al 1560, si rifà all'esempio della Biblioteca Laurenziana. Si estende nell'area compresa fra Palazzo Vecchio e Palazzo Pitti, al quale gli Uffizi sono collegati dal cosiddetto corridoio vasariano che costeggia l'Arno, lo attraversa mediante un camminamento sito sul Ponte Vecchio, passa sopra il portico della chiesa di Santa Felicita – dove è ospitata la Deposizione di Pontormo - e poi termina in Palazzo Pitti. Era stato concepito come elemento di raccordo ma anche difensivo per eventuali fughe del granduca Cosimo.
I due edifici affrontati degli Uffizi, nella loro purezza lineare, determinano una magnifica fuga prospettica e su un lato confinano con l'Arno. Ma gli Uffizi non sono che la più famosa delle architetture disegnate dal Vasari e forse nemmeno la più bella. In tal senso è doveroso ricordare il Palazzo dei Cavalieri di Pisa, elegante anche nella sua decorazione, il Loggiato di Arezzo, il Santuario di Santa Maria Nova a Cortona, opere che infittiscono una vita estremamente attiva, che il Vasari, in un momento di particolare mestizia, in età ancora giovanile perché era l'anno 1537, volle inframmezzare con un momento di meditazione. Motivo fu che il duca Alessandro de' Medici, cui Vasari era devotamente legato, venne assassinato improvvisamente dal cugino Lorenzo. Il grande artista rimase così turbato che si ritirò qualche tempo nell'eremo di Camaldoli «nell'altissimo giogo dell'alpe, tra i dritti abeti».
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