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Cultura-Domenica Musica

La magia della voce di Dee Alexander e i concerti itineranti di Umbria Jazz Winter

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 gennaio 2011 alle ore 10:31.

Non succede quasi mai che un ensemble sia la rivelazione di un festival musicale e nello stesso tempo il migliore di tutti gli altri. E' accaduto alla diciottesima edizione dell'Umbria Jazz invernale che si tiene a Orvieto durante le feste di fine d'anno, più nota come Umbria Jazz Winter o con l'acronimo Ujw. La rara impresa è riuscita alla vocalist Dee Alexander e ai suoi quattro comprimari: James Sanders violino, Tomeka Reid violoncello, Junius Paul contrabbasso, Ernie Adams percussioni. All'Ujw hanno tenuto quattro concerti in cinque giorni con programmi sempre diversi ottenendo un successo via via crescente che si è concluso alla fine con ovazioni da stadio.

Per quanto riguarda l'Italia, l'avventura di Dee (e di Tomeka) comincia nel luglio 2009 all'Umbria Jazz di Perugia. Le due musiciste fanno parte della big band dell'Associazione per il Progresso della Musica Creativa (The Aacm Great Music Ensemble) con la partecipazione del celebre trombonista George Lewis e la direzione di Mwata Bowden. L'orchestra, formata da 21 elementi di spicco compreso il direttore, propone a Perugia sei concerti molto apprezzati, ma il gruppone è tale che Dee e Tomeka non vengono notate abbastanza. L'unica solista che emerge è la flautista Nicole Mitchell, che infatti manda in visibilio gli intenditori al festival successivo di Roccella Jonica con il suo Indigo Trio (Harrison Bankhead contrabbasso e violoncello, Hamid Drake batteria). Adesso è arrivato il turno di gloria italica anche per Dee Alexander. Chi abbia letto in anteprima il cartellone di Ujw 18 si è subito accorto di quella formazione insolita, quasi classica, con violino violoncello e contrabbasso, però la realtà è stata superiore a qualsiasi immaginazione.

Sanders, Reid e Paul sono straordinari sia nel pizzicato sia con l'archetto, hanno un'intesa perfetta, un'assoluta padronanza del linguaggio del jazz e Adams, metà percussionista a mani nude e metà batterista con bacchette e spazzole, è in tutto degno dei migliori di oggi (penso non a caso al citato Hamid Drake). E poi – anzi, prima – c'è lei, Dee Alexander, nata a New York 52 anni fa ma cittadina di Chicago per la musica e per la frequentazione dell'Aacm. Sa cantare gospel, blues, rhythm'n'blues, soul, jazz "vero" e di confine con voce stupenda e con tecnica incredibile, doti di natura ma anche di studi severi. Nel suo gruppo si comporta come una prima tra i pari che si ritira in un angolo mentre i collaboratori suonano con mirabile interplay. A suo nome ha quattro cd non distribuiti in Italia, tuttavia è prevedibile che adesso Dee sarà corteggiata da numerose etichette: basti dire che l'ultimo, Truth per Rossignol Entertainement con il gruppo ascoltato a Ujw, del quale aveva portato con sé una ventina di copie, è stato polverizzato in pochi minuti. Come persona è bella, simpatica e comunicativa, soprattutto con chi sa poco di lei (fra cui il sottoscritto, almeno fino a ieri).

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Tags Correlati: Alexander Dee | Dee Alexander | Dinah Washington | Ella Fitzgerald | George Lewis | Musica | Mwata Bowden | Nina Simone | Perugia | Rossignol | The Aacm Great Music Ensemble | Tomeka Reid

 

E' bastata una sola domanda – "Lei riconosce alla sua voce dei modelli di riferimento?" – per farle dire lo stretto necessario: "Sì, certo. Sono cresciuta ascoltando Nina Simone, Ella Fitzgerald e Dinah Washington che mi hanno influenzata non poco. Ma l'ispirazione maggiore mi è venuta dai grandi strumentisti, da John Coltrane, da Ornette Coleman e anche dai musicisti che fanno parte dell'Aacm da cui provengo, specie Nicole Mitchell. Questo succede perché io uso la voce come se fosse uno strumento. Mi preme far sapere che la maggior parte dei brani che canto col mio gruppo sono originali, scritti da me e dai miei musicisti in un modo molto democratico. Altri temi sono di compositori contemporanei come We All Be Free di Nicole Yarling che mi piace per il testo che parla di libertà. Poi mi lasci dire, senza piaggeria, che amo vivamente gli spettatori italiani. Sono gentili, dolci, ricettivi e partecipano molto alla mia musica. E' meraviglioso". A questo punto un "many thanks, dear Dee" ci vuole proprio.

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