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Atomo 1911: da anguria a piccolo Sole

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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2011 alle ore 08:22.

Armando Massarenti ¶ Anche se siamo assai più propensi ad attribuire a Niels Bohr (che lo perfezionò nel 1913) il modello dell'atomo che, nelle sue linee di fondo, sopravvive tutt'oggi, è comunque giusto festeggiare quest'anno ricordando Ernest Rutherford che nel 1911 pensò per primo all'atomo come a un minuscolo sistema solare con al centro un nucleo di protoni e neutroni e una serie di elettroni che orbitano intorno a esso come pianeti. Ma fu una vera rivoluzione? Dal punto di vista della raffigurazione dell'atomo sicuramente sì. Basti pensare – anche senza ricordare gli uncini di Lucrezio, gli aculei di Hartsoecker (1696) o le palle da biliardo di Dalton (1808), che peraltro erano atomi indivisibili – che il modello appena precedente a quello di Rutherford, dovuto a Joseph Thomson, ci presentava un'idea di atomo statica, simile a un'anguria e non a un sistema dinamico come quello di Rutherford-Bohr. Ma se rivoluzione scientifica fu, è facile che ci si possa porre una classica domanda da filosofo della scienza: quando si scopre che qualcosa, per esempio l'elettrone, non è come lo si era immaginato, e che si comporta in tutt'altro modo, facciamo bene a chiamarlo ancora elettrone o dovremmo cambiargli nome? L'elettrone così come lo pensava Thomson era un componente statico immerso nel nucleo atomico come un seme nell'anguria. È lo stesso "elettrone" che ora ruota intorno al nucleo a una certa distanza, che si comporta talvolta come onda e talvolta come particella, e che oltretutto ha una carica elettrica diversa da quella calcolata da Thomson? Oppure non dovremmo forse pensare che Thomson si riferiva a qualcosa di completamente diverso, e che ogni teoria costruisce un suo proprio mondo con suoi propri oggetti e nomi che lo compongono? I filosofi realisti, quelli che pensano che c'è un mondo là fuori, stabile, che la scienza descrive sempre più accuratamente, hanno dato una bella risposta a questa domanda. Il logico Saul Kripke e il filosofo della scienza Hilary Putnam hanno salvato il realismo scientifico sostenendo che sì è vero, le teorie scientifiche possono cambiare, e con loro il "significato" di termini come elettrone. Ma è anche vero che il "riferimento" può restare immutato. Se quelli di Thomson erano veri elettroni, lo saranno in ogni mondo

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Tags Correlati: Ernest Rutherford | Hilary Putnam | Imprese | Joseph Thomson | Niels Bohr | Saul Kripke

 

o in ogni teoria possibile. Così funzionano i «referenti rigidi»
di Kripke. Se qualcosa è vero, è necessariamente vero, anche
se è stato scoperto e anche
se le teorie (o i mondi possibili) cambiano intorno a lui.
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