Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2011 alle ore 08:19.
C'era una volta un re, o un aspirante tale. Si chiamava Agamennone o Edipo, Lear o Macbeth. Riempiva il teatro della sua grandezza e della sua tracotanza, che lo portavano alla rovina ma che agli occhi degli spettatori lo rendevano come loro, umano. Oggi sul palco salgono manager della finanza o imprenditori, si chiamano Jeffrey Skilling, Bernard Madoff o Hammond.
Sono protagonisti di fatti di cronaca o personaggi inventati, incarnano il volto feroce del capitalismo, l'avidità di potere e profitto che genera distruzione per sé e per gli altri. Non sono poi così diversi da quei re e imperatori protagonisti della grande tragedia, da Eschilo a Shakespeare. Come loro hanno potere e ricchezza, ma non gli basta. Come loro prendono decisioni che hanno conseguenze, nefaste, sulla vita di milioni di persone.
A guardare la produzione dei teatri occidentali, il capitalismo non gode di buona fama, e la recente crisi finanziaria globale non ha migliorato le cose. Come al cinema (si pensi a Wall Street 1 e 2 di Oliver Stone o Capitalism: A Love Story di Michael Moore), così sul palco la rappresentazione dell'economia di mercato e dei suoi meccanismi è quasi sempre di critica e denuncia, se non di spietata condanna. In scena si portano le contraddizioni, gli errori e le ingiustizie provocati dalle degenerazioni di questo sistema. Una lettura ideologica o preconcetta da parte dei drammaturghi contemporanei? Non solo. Esiste sicuramente, e l'Italia non fa eccezione, un filone teatrale di matrice anticapitalista, che da Bertolt Brecht a Pier Paolo Pasolini ha fatto numerosi allievi. Così come è innegabile che dopo lo scoppio della crisi un certo populismo, dilagante in politica al di qua e al di là dell'Oceano, stia invadendo anche il mondo dell'arte.
Eppure il teatro, quando è grande, riesce a mantenere la sua capacità di astrazione, e delle vicende economiche e finanziarie (vere o verosimili) si serve soltanto come pretesto per indagare nei tormenti dell'animo umano. Allora Bernard Madoff (protagonista di Imagining Madoff dell'americana Deb Margolin) non è più il finanziere corrotto condannato a 150 anni di carcere per aver architettato una delle più colossali frodi finanziarie di tutti i tempi, ma un uomo come tutti gli altri, con le sue debolezze e le sue contraddizioni, con la sua capacità di scegliere se fare il Bene o il Male. Come Edipo, come Medea, come Otello. Il mondo della finanza, con i suoi meccanismi complessi e talora ingovernabili, diventa solo lo spunto per parlare di altro, per parlare di uomini.