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Cultura-Domenica Arte

Cremlino servito a tavola

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Questo articolo è stato pubblicato il 14 gennaio 2011 alle ore 06:41.

Basta con Dostoevsky e Gogol, anche in Russia i lettori in libreria acquistano libri di ricette invece che di letteratura. Ma a volte un cuoco spiega la storia e la società meglio di cento sovietologi: il libro di ricette di Anatoly Galkin, capo-chef del Cremlino per trent'anni, getta nuova luce sulla travagliata storia di Russia. Regnava Leonid Brežnev quando il giovane chef muoveva i primi passi tra i fornelli del Cremlino, e i segretari generali del Pcus si nutrivano di cavolo e pirogi. Brežnev si faceva spesso vedere in cucina, copriva i cuochi di complimenti, ma ogni volta diceva che in dacia si mangiava meglio. Lo stesso accadeva di sera, alla dacia, quando Brežnev commentava che al Cremlino cucinavano più saporito. E i cuochi erano gli stessi, pendolari da una residenza all'altra. Eternamente insoddisfatto, il grande cacciatore amava la selvaggina, ma verso la fine dei suoi diciott'anni di governo i suoi gusti erano virati verso cotolette e purè di patate.
Le pagine riportano i menu del Cremlino, con tanto di falce e martello: il 27 marzo 1982 la mensa passava shashlik (spiedini) di montone a due rubli e novantotto copeche e cavolo stufato a settantanove copeche. «Grandi cambiamenti attendevano il paese, il Cremlino, e la nostra cucina» scrive Galkin: sui gusti culinari di Andropov e Cvernenko non c'è neppure una pagina, finchè arriva Michail Gorbaciov, «Il primo e unico presidente del l'Unione Sovietica non fu mai un vero gourmet, amava la cucina russa, ma preferiva la cucina casalinga». Ma era pronto a tutto: una volta, in Kirgistan, gli toccò ingollare l'orecchio di un montone, e in Giappone, «mangiò libellule e rane, non proprio il cibo preferito di una persona nata a Stavropol». Ma Gorbaciov considerava tutto questo parte del suo lavoro, e lo faceva per il prestigio del paese. A Raisa il caffè piaceva bollito tre volte, e servito di modo che sulla cima ci fosse una leggera cremina bianca, e per prima colazione esigeva la kasha, l'orzo perlato preparato con un pizzico di zucchero, di sale, e mezzo litro di panna con il 33% di grassi.
Sono gli anni della Perestroika, le sale del Cremlino si riempiono di ospiti stranieri, e la cucina, messi da parte cavolo e patate, aguzza l'ingegno: al Primo ministro spagnolo Felipe González Márquez nel luglio '91 viene servita vellutata di asparagi e salmone rosso con vino bianco, a François Mitterrand per la prima colazione un dolce di tvorog (ricotta) e a Helmut Kohl un succulento brodo di carne. Ma l'apice viene raggiunto con la regina d'Inghilterra, a cui piacciono così tanto le fragole farcite di noci e whisky di Galkin, che lo chef viene ringraziato personalmente con un servizio da tè in argento. Che compare, tutto ossidato, tra le pagine del libro. Gorbaciov è felice del successo del suo cuoco, «anche se a lui le fragole farcite non erano piaciute, preferiva le bacche selvatiche».

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Tags Correlati: Anatoly Galkin | Andrei Konchalovsky | Basta | Bbc | Cremlino | Cultura | Foros | François Mitterrand | Helmut Kohl | Julia Vysotskaya | Michail Gorbaciov | Mosca | Pcus | Vladimir Putin

 

Galkin è deluso dalla visita degli americani, che preferivano starsene in ambasciata e non abitare al Cremlino: in onore di George Bush senior si cucina un luccio.
Galkin è con Gorbaciov nella dacia di Foros in Crimea quando li raggiunge la notizia del putsch. Gorbaciov salta il pasto, perché Galkin non riporta nessun menù. L'Urss è crollata, e sale al potere Boris Eltsin: il Cremlino viene rivoluzionato, e un kapitalny remont (restauro) investe le cucine. I cambiamenti non terminarono lì, lamenta Galkin: «Le colazioni gorbacioviane di kasha e omlette finiscono nel dimenticatoio: whisky con ghiaccio e limone assieme al caffè del mattino non stupiscono più nessuno».
La cucina deve sfornare quantità di tramezzini, passione di Eltsin a tutte le ore, e il piatto preferito del presidente della Federazione Russa sono i pelmeni (ravioli) siberiani. Per Galkin è la goccia che fa traboccare il vaso: «Io non potevo abituarmi al suo carattere, e lui non poteva abituarsi al fatto che vicino a lui c'era un uomo di Gorbaciov». Galkin lascia Mosca, e viaggia tra i fornelli di Malta e Messico, per sbarcare infine al Plaza di New York e poi al National di Mosca. Solo con l'arrivo di Vladimir Putin l'ordine è ristabilito: Galkin torna al suo posto nelle cucine del Cremlino. Questa volta vanno più di moda zuppe, insalate e verdure, anche se i piatti preferiti di Putin restano un mistero. E di Medvedev nel libro non c'è traccia.
Se il cuoco del Cremlino insegna come dosare esattamente la barbabietola nel borsch, le mogli degli oligarchi invitano a disprezzare la minestra nazionale: «Il borsch è disgustoso. Lo odio come piatto e come simbolo» ha detto in un'intervista alla Bbc l'attrice Julia Vysotskaya, protagonista di quel La casa dei Matti che nel 2002 commosse la Mostra del Cinema di Venezia, e la moglie del regista Andrei Konchalovsky. Scatenando uno scandalo in patria.
Del resto le librerie di Mosca sono piene dei suoi ricettari, ben sette, e di quelli di altri imprenditori o attori residenti della Rubliovka, il quartiere chic alle porte di Mosca, che istruiscono i russi su come cucinare po-italiansky, all'italiana, o po-franzusky, alla francese. Senza farsi mandare la mozzarella di bufala sull'aereo privato appositamente da Napoli, ma basandosi su quanto passano i mercati di Mosca. Forse sono loro che riusciranno a cambiare le abitudini culinarie russe, e se al posto del borsch i russi sorbiranno il minestrone sarà una vera rivoluzione. Con buona pace del cuoco del Cremlino.
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