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Cultura-Domenica Arte

Il girovita di Lord Byron e la dieta anti-nevrosi di Gadda

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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2011 alle ore 08:15.

La marea delle feste si è ritirata, lasciando dietro di sé un'inquietante distesa di chili e di rimorsi. Ci si chiede stupiti perché si è mangiato tanto. Non tutti hanno il coraggio della stoica Muriel Spark, che aveva risolto il problema dimezzando il contenuto di ogni piatto. A volta lo spettro di ingrassare come i genitori può essere persuasivo. Lord Byron si pesava continuamente e si misurava ogni giorno il girovita. Aveva cominciato da studente, eliminando la carne, poi si era limitato a un pugno di riso, per passare a una tecnica più risoluta: saltava il pranzo, ingannando l'appetito con un biscottino e una tazza di tè, o addirittura mordicchiando mastice. Ed esultava: «Ho ridotto la mia pinguedine. Sono bravo!».


Era più filosofica l'adesione dei suoi amici Percy Bysshe e Mary Shelley alla dieta vegetariana, su cui aveva scritto due saggi. «Se l'uso del cibo animale sovverte la quiete del consorzio umano, quanto è indesiderabile l'ingiustizia e la barbarie esercitata verso queste povere vittime!» si lamentava. Il contrario del goloso Stendhal, che pur amando la verdura – «Gli spinaci e Saint-Simon sono state le mie sole passioni durature» – pensava che, per stare bene, avrebbe dovuto avere a ogni pasto una bistecca cotta al punto giusto, una bottiglia di Saint-Julien, un frutto, un gelato e una tazza di caffè.

Maupassant, vittima di medici ansiosi di rinforzarlo, divorava uova, selvaggina e carne rossa frollata nel latte. Dieta carnivora anche per Baudelaire: a pranzo arrosto freddo con tè e a cena lo stesso con un po' di vino. Ma, a differenza di Balzac, niente caffè o acquavite. Drogato di caffeina per potere lavorare diciotto ore al giorno, Balzac limitava i suoi formidabili appetiti a uova alla coque, sardine ai ferri e frutta.

Alcuni guardano con diffidenza alle diete femminili. La tonda Colette irrideva alla moda del dimagrimento che rendeva le sue contemporanee «piatte come tavole», ma d'estate cercava di snellirsi. Simenon detestava le donne che facevano attenzione a quel che mangiavano. Per non parlare di Leopardi, che, "indocilissimo" alle prescrizioni per curare l'idropisia, si faceva beffe del latte d'asina che avrebbe dovuto bere. Certo c'è chi, come il vorace D'Annunzio aveva tutte le fortune. Non solo non ingrassava, ma gli avevano prescritto, contro la malinconia, un bicchiere di Mouton-Rotschild 1895.

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Tags Correlati: Arte | Bysshe Percy | Gadda | Jeanne Rozerot | Lord Byron | Mary Shelley | Paolo Perucci | Saint-Julien | Sonzogno | Sperling & Kupfer | Truman Capote

 

La dieta è notoriamente un rituale di elevazione. Per l'imponente Gadda, una nevrosi poteva essere curata e guarita da una dieta appropriata. «I migliori dottori del mondo, sosteneva Swift, sono: il dottor "Dieta", il dottor "Quiete" e il dottor "Gioia"». Eppure il diffidente Chandler denunciava «quell'espressione tesa e intensa che a volte è indizio di nevrosi, a volte di appetiti sessuali e talora è soltanto il risultato d'una drastica dieta». Un fisico snello è sinonimo di giovinezza. Per reagire al crescente senso di vecchiaia Zola si era messo a dieta. Alto 1,72 pesava 96 chili. Tre mesi dopo aveva perso 14 chili, mentre Alexandrine, incapace di sorvegliarsi, pesava 6 chili di più. Proprio in quell'epoca s'innamorò di una timida ventenne che serviva in casa, Jeanne Rozerot. In un empito di riscatto, Truman Capote nel 1979 era passato dalla dieta, al trapianto di capelli e al lifting.

Per il magro Stevenson «parte dell'umanità si nutre molto più del necessario; i nostri pasti non servono solo a sostenerci». Ma, anche se la dieta dei trappisti gli sembrava insufficiente, si stupiva della freschezza dei visi e della loro cordialità.
A volte si giunge al limite estremo prima di decidersi. Solo un'indigestione poteva mettere a dieta Kafka. Hemingway era dovuto arrivare a 116 chili per arrendersi. «Imprigionato in ogni uomo grasso», confessava il corpulento Connolly, «c'è un uomo magro che fa dei gesti disperati per essere liberato».
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