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Nella psiche dei banchieri

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 gennaio 2011 alle ore 18:17.

«Un banchiere è uno che vi presta l'ombrello quando c'è il sole e lo rivuole indietro appena incomincia a piovere». Così Mark Twain definiva il mondo della finanza sul finire dell'Ottocento. La percezione non cambia nemmeno oggi leggendo Crash of the Titans: Greed, Hubris, the Fall of Merrill Lynch, and the Near Collapse of Bank of America, ultimo libro di Greg Farrell, corrispondente dall'America del «Financial Times». Fra avidità, bilanci in rosso per oltre 30 miliardi e ingegneria finanziaria, la storia di Merrill Lynch rappresenta al meglio il concetto di banca too big to fail, troppo grande per fallire.

Per gli Stati Uniti il declino di Merrill Lynch, e la conseguente vendita a Bank of America, rappresenta un episodio epocale. Dopo la caduta di Lehman Brothers, in pochi avrebbero pensato a un destino analogo per un altro big di Wall Street. Sì, perché secondo Farrell «quanto compiuto con Merrill Lynch era fuori da ogni logica».

Tutto verte intorno a delle Collateralized debt obligation (Cdo), obbligazioni strutturate con al proprio interno mutui residenziali cartolarizzati, generate da Merrill Lynch e collocate sui mercati finanziari. Farrell, dopo oltre 300 ore di interviste, ha ricostruito il perverso meccanismo dietro al gigante di Wall Street fondato nel 1914. «L'amministratore delegato Stanley O'Neal ha voluto – spiega Farrell – fare il passo più lungo della gamba». Galvanizzato dall'espansione della bolla immobiliare statunitense, foraggiata a piene mani dai subprime, O'Neal ha deciso di spingere quanto più possibile sull'acceleratore della leva finanziaria. Per fare ciò ha ingaggiato Osman Semerci, un giovane turco che prima di entrare nel Four World Financial Center di New York era un venditore di tappeti. Semerci diventa il capo della divisione Fixed income e inizia, insieme con O'Neal, a creare cartolarizzazioni sempre più ardite. Il risultato è che, a nove mesi dall'assunzione, i prodotti di Semerci hanno creato un buco di 30 miliardi di dollari. Troppo per la sopravvivenza di Merrill Lynch.

Il resto è storia. O'Neal chiama il guru della finanza americana, Warren Buffett, al fine di ottenere l'apertura di una linea di credito. Buffett gli risponde picche e per Merrill Lynch si aprono le porte dell'acquisizione da parte di Bank of America. Il saggio di Farrell però non si limita a descrivere le tappe della nascita della voragine di Semerci, ma entra nella psiche dei banchieri statunitensi durante la bolla subprime.

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Tags Correlati: Cultura | Greg Farrell Crown Business | Mark Twain | Merrill Lynch | Near Collapse of Bank | Osman Semerci | Ottocento | Stanley O'Neal | Stati Uniti d'America | Wall Street | Warren Buffett

 

«Non m'interessa chi siano i mutuatari, né quanto siano indebitati. Voglio solo generare sempre più dollari». Le parole del numero uno di Merrill Lynch, che Farrell ha ricavato dalle email aziendali, lasciano percepire un'alea di onnipotenza, anche di fronte alla sconfitta. Nel giorno dell'ultima trimestrale prima del crollo O'Neal scriveva ai suoi che «la gente ci sputerà addosso per un paio di giorni, poi si dimenticheranno di noi». Non è andata proprio così. Ma oltre all'onnipotenza, c'è di più. C'è una visione distorta di quelli che sono i prodotti finanziari derivati. Creati in origine per proteggere l'istituto di credito tramite il trasferimento dei rischi, sono stati manipolati in tal modo da provocare l'effetto contrario. Peccato che a pagarne le conseguenze, fa notare Farrell, siano stati soprattutto i contribuenti e il governo.

Crash of the titans: Greed, Hubris, the fall of Merrill Lynch, and the near collapse of bank of america Greg Farrell Crown Business, pagg. 480|$ 27,00

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