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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2011 alle ore 17:20.
Un uomo solo davanti alla natura. Un uomo che scruta la montagna, la contempla, ne sente la potenza e il dominio. Un uomo che fugge il mondo e si rifugia fra vette inavvicinabili, eleggendole a luogo della mente capace di lenire ogni dolore. È questo l'uomo che compare di fronte a noi, quando immergiamo lo sguardo fra le atmosfere terse, intense, a volte trascendenti di Giovanni Segantini, pittore divisionista che riuscì nell'arco di pochi anni (morì giovane, a soli quarantun'anni, sul monte Schafberg, a 2731 metri dove si era rifugiato per portare a termine il suo «Trittico delle Alpi») a imprigionare la spiritualità di una natura percepita come simbolo e metafora di un tutto da rivelare.
La Svizzera, patria di adozione
Profeta di una fede non codificata, il pittore italiano Segantini (nacque ad Arco in Trentino, ma scelse la Svizzera come patria d'adozione) è oggi al centro della grande esposizione della Fondation Beyeler di Basilea. Curata da Diana Segantini, pronipote dell'artista, Guido Magnaguagno e Ulf Küster,l'esposizione raccoglie settanta opere - quarantacinque dipinti e trenta disegni - provenienti da importanti istituzioni pubbliche (Segantini Museum di St. Moritz, Kunsthaus di Zurigo, Minneapolis Institute of Arts di Minneapolis, Castello Sforzesco e Galleria d'arte Moderna di Milano) e da collezioni private. Una mostra ricca di capolavori, la più completa fra quelle organizzate fino a ora all'estero, che intende ripercorrere il cammino dell'artista, cercando di cogliere le sfumature di una personalità molteplice, poco incline a essere imprigionata nell'ormai usurato clichè di «pittore della montagna» e che punta a inquadrare Segantini non più come ultimo rappresentante dell'arte di fine Ottocento, bensì come pioniere dell'Arte moderna.
Il rifugio in Engadina
Dalle prime opere realizzate a Milano e in Brianza, quando conobbe Bice Bugatti, la compagna di una vita - come «Il Naviglio a ponte San Marco» del 1880, dove si coglie un'atmosfera vivace e giocosa, di grande positività - ai lavori eseguiti a Savognin, fino ai dipinti realizzati in Engadina, dove si rifugiò con la famiglia anche per motivi economici (è nota la sua prodigalità smodata che spesso lo portò sul lastrico e il suo disprezzo per il denaro, tanto che i soldi venivano chiamati ironicamente i «pirolli», i «bugiardan», il «Sig. Bugiardani»).