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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2011 alle ore 08:20.
Tanti anni fa, alla fine degli anni Ottanta, scrissi per la prima volta di Fraturno di Claudio Damiani. Dopo sono usciti tanti altri libri e ora questa antologia che li raccoglie insieme a una serie di inediti col titolo generale di Poesie.
Scrive Marco Lodoli nell'introduzione: «Certo, la classicità nutre questi versi come una madre fa con un figlio (...), ma si tratta di un'adesione profonda allo spirito della poesia più vera, quella che non divaga e non si distrae in inutili acrobazie stilistiche (...) che rimane costantemente fedele, persino nella metrica, al ritmo profondo dell'esistenza». E a me sembra che questo legame con l'esistenza sia sempre presente, non nella superficialità del ricordo, ma nell'essenza stessa del rapporto, nell'accurata attenzione al vibrare delle cose e degli eventi vissuti. «Albio sei così bello, oh ma perché / perché sei così sano e bello, Albio? / per chi? pensavo, per chi?... e il suo respiro / lieto e quieto sentivo quasi e un'ombra / che si curvava e nella luce un lume / già via cacciavo, già più non volevo / vederlo, e via per la strada tornavo / e non sapevo la tua gloria invece / non la sapevo», scriveva in Fraturno, e non trovo alcuna diversità con i versi inediti di oggi: «Se gli uomini avessero sempre da fare / sarebbe meglio / perché avrebbero meno tempo / per soffrire, / se ci fosse molta socialità / feste e canti, riti / molta natura, non quelle discoteche oscene / non quelle città schifose, / molta religione, più musica, / più fanciulle che danzano battendo i piedi / o cantando su barche scendendo i fiumi, / molto camminare nei boschi, molto studio e amore, / non quella televisione da lupanare, con facce da assassini...». Il nesso tra tutti questi versi è dato dal sogno di una società che sia cosciente del legame continuo e stretto che c'è tra l'esistenza di un uomo e tutto ciò che l'attornia, gli altri uomini, la natura, il cosmo intero. In tutti questi versi si sente la tensione d'amore e lo sdegno, l'accorato compianto per tutto ciò che attorno a noi si disgrega e distrugge, per tutto ciò che nell'indifferenza dei responsabili e la disperazione dei popoli sta rovinando attorno a noi. Le cose non scompaiono per eventi terribili e visibili a tutti, ma per quotidiane, piccole e insignificanti tragedie di uomini, animali e cose, per l'incessante deteriorarsi dell'aria e delle acque, per la scomparsa di animali, l'assassinio di giovani vite e di bambini. Occorre riflettere su queste poesie, occorre, anche solo per un attimo, fermarci ad ascoltare.