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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 17:34.
Davvero impossibile considerare una coincidenza l'uscita nelle sale italiane del film «Il discorso del re» proprio in questo weekend, a soli tre giorni di distanza dall'annuncio delle nomination ufficiali dei prossimi premi Oscar.
12 nomination
Forte della vittoria al Festival di Toronto e di vari riconoscimenti ottenuti in diverse manifestazioni di tutto il mondo, «Il discorso del re» era già da diversi mesi considerato uno dei grandi favoriti per la vittoria delle ambiziose statuette dell'Academy, ma probabilmente nemmeno i dirigenti della Eagle Pictures (che hanno saggiamente scelto questa settimana per distribuirlo nei nostri cinema) avrebbero potuto immaginare che si sarebbe portato a casa 12 nomination: più di tutti gli altri titoli (lo seguono «Il grinta» dei fratelli Coen con 10 e «The Social Network» e «Inception» con 8) che si fronteggeranno la notte del 27 febbraio al Kodak Theatre di Los Angeles.
Il re balbuziente
Un risultato sorprendente per una pellicola che racconta la vera storia del re d'Inghilterra Giorgio VI, sofferente fin dall'infanzia di una grave forma di balbuzie, diventato sovrano dopo la morte del padre seguita dalla scandalosa abdicazione del fratello maggiore Edoardo VII.
Con il paese sull'orlo della seconda guerra mondiale, Giorgio VI (su consiglio della moglie Elisabetta) si rivolgerà a Lionel Logue, un eccentrico logopedista, che riuscirà a risolvere il suo problema facendogli pronunciare un celebre discorso radiofonico che ispirerà il popolo britannico in un momento tanto delicato.
Il regista Tom Hooper, alla sua prima prova importante dopo i poco conosciuti «Red Dust» del 2004 e «Il maledetto United» del 2009, mette efficacemente in scena una pagina di storia tanto cara al pubblico inglese e, seppur senza grandi guizzi artistici, ha la bravura (e forse anche un pizzico di fortuna) di dirigere tre attori davvero in stato di grazia.
Gli attori
Colin Firth, che ha già ottenuto per questo ruolo il Golden Globe come miglior attore e si prepara a bissare il suo trionfo agli Oscar, rende perfettamente credibili la balbuzie e i tic nervosi del suo personaggio con un'interpretazione sempre equilibrata e mai sopra le righe. Non da meno sono Helena Bonham Carter, nei panni di Elisabetta, e Geoffrey Rush, in quelli di Lionel Logue, che tengono pienamente testa a Firth in un continuo «scontro» di bravura che meriterebbe davvero di essere visto, o recuperato, anche in lingua originale.