Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2011 alle ore 08:23.
Chi pensava che le celebrazioni del IV centenario della morte di Caravaggio, il pittore più inflazionato del Seicento, si chiudessero il 31 dicembre 2010, si sbagliava. Le manifestazioni seguiteranno anche nel 2011, e, date le recentissime scoperte archivistiche, è probabile si protraggano a tempo indeterminato anche le dotte discettazioni esegetiche. In altre parole il caso Caravaggio rimane aperto perché il grande pittore lombardo, quasi volesse burlarsi di tutti i suoi esegeti, ha acceso una nuova miccia, niente meno che nella cronologia dei suoi primi anni romani, con la conseguenza di avere sovvertito l'ordine delle opere che era stato cesellato in decenni di sottili ricostruzioni filologiche, stilistiche e storiche.
La destabilizzante notizia che la permanenza a Roma del pittore giuntovi «giovenaccio», non inizi allo scadere del 1592, ma probabilmente al principio del 1596, si desume da un documento scoperto nell'Archivio di Stato di Roma da Francesca Curti, oggi pubblicato integralmente in occasione della mostra che aprirà i battenti il 10 febbraio nella Sala Alessandrina dell'Archivio di Stato medesimo, intitolata «Caravaggio a Roma. Vita dal vero».
Queste ricerche di archivio si inseriscono nel progetto volto a delineare sempre più nitidamente i contorni della personalità del Caravaggio, progetto sostenuto anche dal Sole 24 Ore. I risultati sono già stati parzialmente resi noti su questo giornale da Marco Carminati.
Francesca Curti ha avuto il merito di mettere le mani su un verbale che ritarderebbe l'arrivo di Caravaggio a Roma, ma il suo ritrovamento va contestualizzato in un lavoro di équipe, sostenuto e avviato da un folto gruppo di archivisti e lettori e coordinato da Eugenio Lo Sardo. Tutti costoro hanno scritto nel catalogo della mostra, il cui percorso però inizia con due documenti d'effetto che hanno purtroppo l'aria di essere come gli specchietti per le allodole, simili nella loro connotazione macabro-attraente ai musei della tortura, documenti che sono soltanto collaterali alle vicende caravaggesche: le ultime ore di Beatrice Cenci, decapitata nel 1599, e quelle di Giordano Bruno arso vivo nel 1600, storie che è da dimostrarsi se abbiano per davvero attinenza con il Caravaggio. Però, a prescindere da questa partenza "scazonte", la mostra si risolleva subito per la presenza di fogli e registri importanti, fino a oggi inediti, e per alcuni dipinti.