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Cultura-Domenica Libri

Pensare bene recensire meglio

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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2011 alle ore 08:20.

Da qualche tempo, nelle brochure pubblicitarie per il lancio di qualche romanzo, anche di grandi case editrici, noto questa cosa. I primi giudizi (i blurbs, nel mondo anglosassone) per rendere appetibile il libro, in genere destinati ai librai e ai lettori, quelli collocati nell'alto della pagina, recitano la solita solfa, di questo tenore: il narratore che ci tiene col fiato sospeso, il libro meraviglioso, la narrazione di qualità, il ritmo, la vicenda appassionante bla bla bla. Bene. Ciò che mi stupisce, però, sono gli autori. Mario G., Witty44, Paolina, «da aNobii» e così via. Solo dopo c'è il giudizio di qualche critico da giornale cartaceo, compreso questo. Stessa tecnica adottata, in fondo, dalle librerie online, Amazon capofila.
Non è un cambiamento da poco: esattamente come le altre merci (tipico argomento di chi condanna certo modo di guardare ai libri) il giudizio sull'opera viene affidato dunque ora anche al consumatore, con la competenza che egli può avere. Cioè, generalmente, molto scarsa, data all'impronta, senza eccessiva preoccupazione di ciò che dice, visto che non ha nessuna autorevolezza da difendere, né sua né del mezzo su cui si esprime. È un problema di falsa democrazia e un puerile attacco alla critica "paludata", in nome di una presunta genuinità di giudizio.
D'altra parte la critica letteraria avrà forse perso prestigio ma non può essere, e non è, immobile, né rimanere così come l'abbiamo conosciuta finora. In Italia (si può leggere ora il buon sunto che fa Emanuele Zinato in Le idee e le forme, Carocci: ne riparleremo), tagliando con l'accetta, abbiamo faticato decenni a uscire dal tunnel crociano, abbiamo poco praticato la critica stilistica, ci siamo fortemente radicati su una distinzione, quella tra critica accademica (prendiamo Contini ad esempio migliore) e militante (pensiamo a Fortini), che tuttora aleggia, ci siamo impigliati nella visione marxista della letteratura, abbiamo avuto alcune illuminanti voci stravaganti: su tutte direi Debenedetti, Garboli, Berardinelli, un vero atipico come Franco Moretti e, infine, qualcuno che si è lentamente trasformato in qualcosa d'altro da un critico letterario, penso a Marco Belpoliti.

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Tags Correlati: Amazon | Carmilla | Carocci Editore | Cultura | Emanuele Zinato | Eppur si muove | Filippo La Porta | Franco Moretti | Lipperatura | Marco Belpoliti | Mario G.

 

Eppur si muove, la giovane critica. E non è possibile negare che esistano già oggi voci nuove e dotate, diciamo sotto o intorno ai 40 anni, che possono o convivere o definitivamente mettere da parte la generazione dei loro padri e zii. In questa pagina tentiamo, con Filippo La Porta, una prima, incompleta, ricognizione e i nomi già sono molti e diversi tra loro. Non sono riconducibili a esperienze e formule passate, tutto sommato: e se anche escono da una scuola si contaminano facilmente con altre lezioni. Trovano poco spazio nell'accademia (che spesso li ostracizza) e nei giornali, ma iniziano a produrre e a pubblicare: dove e come possono. Il nostro dovere è leggerli e anche solo testimoniare che esistono ci pare importante. «La critica militante esiste ed esisterà finché qualcuno sarà interessato a farla esistere» ha scritto di recente Alfonso Berardinelli. È così. A patto che, da qualunque parte si militi, ci sia la consapevolezza che la propria visione è discutibile (e che è lecito cambiare idea). Ciò che li accomuna, però, è forse questo: ancora nel 2011, con le sterminate praterie che il web concede, sono la serietà, il metodo, il rigore a essere qualificanti. E proprio ora che tutti possono essere virtualmente critici c'è più bisogno di professionisti della critica. La condizione è che esercitino un'intelligenza pubblica sulla quale non si possa dubitare. A parte pochi blog/riviste (Nazione Indiana, Carmilla, Lipperatura) e alcuni scrittori-blogger, la rete ci ha obbligati a interventi caratterizzati dallo spontaneismo qualunquista e dalla sterile voglia di invettiva o di rivalsa. Semmai la lezione che può arrivare dal web, nei casi migliori, è che la singola firma oggi conti meno: è più importante il movimento, la discussione, forse anche la genesi collettiva delle idee. Ma è solo un'ipotesi. In attesa che nasca il primo vero critico letterario che dalla rete acquisisca autorevolezza e la restituisca ai suoi lettori, ascoltiamo questi nomi che vengono, ci pare, dal solo metodo critico che finora si è rivelato valido: lo studio e la competenza della materia di cui si tratta. Con tanti saluti ai dilettanti della brochure.
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