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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 09:39.
Nonostante tutto, ne sappiamo ancora troppo poco. E' dal 1989, dal crollo del muro di Berlino, che le immense collezioni d'arte di San Pietroburgo continuano a rigurgitare tesori sconosciuti. Il 2011 sarà l'anno dedicato alla cultura e lingua russa in Italia. Se a dicembre si faranno i consuntivi, l'antipasto già offre molti stimoli. Un assaggio, non poteva essere altrimenti, dell'immenso patrimonio di oltre 400mila opere del Museo Russo di San Pietroburgo, è atterrato a Firenze, e si potrà vedere , fino al 30 aprile, nell'Andito degli Angioini della Galleria d'arte moderna di Palazzo Pitti.
Spazio quanto mai evocativo, con la sua raffinata struttura del Settecento lorenese, perché è proprio nel diciottesimo secolo che l'arte russa conosce una svolta. Andando per ordine, la mostra espone 40 dipinti che documentano l'evoluzione dei linguaggi pittorici in Russia. Incorniciati da quelli che sono i due momenti più universalmente noti, il mondo delle icone e, cronologicamente agli antipodi, il futurismo. «Dalle icone a Malevich» è un percorso che ci guida attraverso cinque secoli di arte. Dall'imponente collezione di icone del Museo di San Pietroburgo è stato scelto un unico pezzo, un «Cristo Pantocrator in trono fra le potenze», opera del XVI secolo ieratica e potente, espressione tipica dei maestri moscoviti del periodo.
Chiarisce Eugenija Petrova in catalogo: «Fino agli ultimi anni del XVII secolo in Russia non esisteva un altro genere di arte oltre all'architettura di culto e civile, all'arte popolare, alla pittura ad affresco e di icone». Mancavano le radici nell'arte classica, mancava la circolazione delle idee. Perché dall' XI al XVII la Russia visse separata dal resto del mondo.
Conseguenza della scelta di abbracciare, nel X secolo, quel cristianesimo ortodosso di tradizione bizantina, con una sintesi formidabile fra ricerca di perfezione assoluta, realismo pagano e sensibilità slava. Fu Pietro il Grande che capì quali rischi corresse la Russia nel suo isolamento. E proprio nel secolo delle grandi riforme, Pietro rivoluzionò lo Stato, aprendolo alla modernità e costruendo una nuova società. Arriva l'Europa, così il «Ritratto della baronessa Maria Stroganova», di Roman Nikitin (fra il 1721 e il 1724), è uno dei primi ritratti mondani firmati da un artista russo. E il richiamo dell'Europa non tacerà più, compresa la fascinazione per l'Italia e il canonico «grand tour».