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Gianni Di Gregorio: «mi interessa la normalità dell'esistenza»

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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 09:34.

Con la sua aria gentile e svagata, come lo sono le sue opere, Gianni Di Gregorio torna all'international film festival di Berlino, dopo il successo riscosso con Pranzo di Ferragosto nel 2009. Oggi, nella sezione Special, sarà proiettato il suo ultimo lavoro, Gianni e le donne, nello stesso giorno in cui la pellicola approda nelle sale italiane. Ci sono sempre le amabili compagne dai capelli bianchi, come l'eccezionale Valeria de Franciscis Bendoni nel ruolo della madre tiranna, ma anche una moltitudine di altre figure femminili, dalla moglie, alla figlia, alla bella vicina di casa, per cui Gianni è diventato trasparente. Il regista interpreta se stesso, un sessantenne in crisi, senza più un grammo di attrattività, in cerca svogliata di un'amante, per scongiurare il declino.

Felice di essere di nuovo alla Berlinale?
Felicissimo. Quello di Berlino è un festival serio e sono contento che abbia accolto questa mia commedia, che ha un carattere molto mediterraneo, a partire dalla luce. Con il direttore della fotografia abbiamo deciso di sfruttare quasi tutte luci naturali, in armonia con l'atmosfera dorata e ovattata del film. E' una luce sommessa, mai sfacciata, dolce. Sono contento di portarla al nord.

La sua opera sembra, nonostante i buffi tentativi di approccio all'altro sesso, un elogio della quotidianità…
Lo è. A me interessa la normalità dell'esistenza e gli individui comuni. Io stesso, a Trastevere, il quartiere di Roma dove è ambientato il film e dove vivo, mi metto al bar ad ascoltare i discorsi delle persone, talvolta a pedinarle per vedere cosa fanno. I tre anziani, che discutono seduti sulle sedie di plastica sul marciapiede, realmente passano così la maggior parte del loro tempo. Trastevere è una specie di paese, che ingloba chi viene da fuori, trasformandolo in un compaesano.

Quali sono i discorsi della strada, che le capita di ascoltare?
Si parla di donne, sempre. Poi di calcio. Ultimamente ho sentito qualche discussione accesa di politica, ma poi ci si placa per amore di pace, per mantenere l'armonia generale.

E' preoccupato, visto il tema, che possano ricollegare il film all'immagine dell'italiano medio, succube del sesso, e agli scandali politici sessuali nostrani?

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Tags Correlati: Berlino | Cultura | Gianni Di Gregorio | Italia | Lacoste | Valeria de Franciscis Bendoni

 

Questo lavoro è stato pensato molto prima che tutto questo accadesse. E' una coincidenza, che però mi fa quasi piacere. Io ho un'altissima concezione delle donne. Almeno si potrà dire che in Italia c'è modo e modo di guardare l'universo femminile. Se sento questo calore, questo senso di protezione da parte delle donne, è perché me lo sono meritato, in un periodo in questo senso devastante.

Qual è la molla che l'ha spinta a girare il film?
La crisi dell'uomo quando comincia a diventare anziano, attorno ai 60 anni. Alcuni si danno una regolata, altri per altri quindici anni fanno finta di non vedere, si comprano la macchina di grossa cilindrata, la moto, vanno in cerca di amanti. Ho deciso di fare un film per esorcizzare il fatto di non essere più considerato. Mi piaceva ironizzare sui maschi che anelano l'eterna giovinezza, si vestono con la Lacoste, le scarpe da ginnastica e hanno i capelli tinti in cui si vede la ricrescita. E mi chiedono "Ma si nota?". E certo che si nota, mi verrebbe da dire, almeno vai a farteli tingere da uno che lo fare bene!

Ma le donne nella vita reale la trattano proprio come accade nel film?
Esattamente così. Valeria de Franciscis Bendoni si è talmente ben calata nel suo ruolo, che mi tiranneggia esattamente come mia madre. Anche mia figlia, che nel film interpreta se stessa, mi guarda con la stessa compassione…

La motocicletta del finale è sua?
Ho sempre desiderato una moto così, un chopper, simbolo di libertà e di giovinezza e me l'hanno trovata. Ma non mi volevano far girare la scena, che è avvenuta all'ultimo, quando ormai le riprese sembravano finite: avevano paura che mi facessi male...

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