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Questo articolo è stato pubblicato il 12 febbraio 2011 alle ore 20:15.
Ce ne sono tante di pallottole in Tropa de Elite 2. Josè Padilha alla regia e Mantovani tra gli sceneggiatori tornano a mostrarci il lato oscuro del Brasile. Altro che Copacabana e Carnevale di Rio, al paradiso di gioia e bellezza di quei luoghi si oppone, violenta ed estrema, la periferia degli slums, la guerra aperta che mischia buoni e cattivi in un traffico di droga, poliziotti corrotti e miseria. Padilha qui aveva vinto l'Orso d'oro con il primo capitolo e poi aveva avuto un grande successo commerciale nel suo paese e una discreta risonanza nel mondo. Tra i tanti record, tra l'altro, ebbe quello lusinghiero, ma poco remunerativo, di film piú scaricato dell'anno.
Con questo sequel, invece, la pirateria è stata tenuta a bada e gli incassi si sono ancora piú alzati. E osiamo dire meritatamente. Se il primo era energia pura, violenza iperrealista e denuncia civile ma non moralistica, il secondo è quasi un trattato politico, sia pure scritto col sangue che inonda le strade brasiliane. Al centro di tutto sempre il BOPE, la tropa del elite appunto, la squadra speciale al capo della quale il colonnello Nascimiento (Wagner Moura) cerca di fare giustizia. Anche con le cattive. Solo che qui trova un rivale- l'attivista per i diritti civili Fraga, per altro nuovo compagno dell'ex moglie- e addirittura un posto in ufficio. E da vicesegretario alla sicurezza fuori dai giochi di potere trasforma il BOPE in un esercito. Il suo piú grande errore, peggiorato da tre politici- anchorman-goveranatori senza scrupoli.
Ne nasce un ritratto fantasioso ma realista, un poliziottesco con l'estetica di City of god, presa di peso da quel nuovo cinema brasiliano pop, montato a ritmo di adrenalina e musiche aggressive. Come la trama, che insieme al BOPE non fa prigionieri. «Mi sono preso del tempo- racconta Padilha- ho fatto due bei documentari, ma poi la voglia di tornare su questa storia si è fatta incalzante. E valeva anche per tutti gli altri, cast tecnico e artistico. Avevamo paura, non volevamo rovinare nulla, ma ci siamo buttati e ora siamo soddisfatti». E sul suo ritorno a Berlino si dichiara «entusiasta, Berlino è stata una tappa fondamentale nella mia carriera ed è una città cinefila e appassionata, il feedback di questo pubblico vale piú di mille altri». Wagner Moura, qui in una grande performance, dice di essere «curioso della reazione che avrà il festival e il pubblico negli altri paesi. A noi brasiliani il tema è molto caro, il rapporto tra polizia, trafficanti e politica è qualcosa che sentiamo molto. E' importante per noi che in Europa, in America arrivi questo e non solo il film di genere».