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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2011 alle ore 15:22.
Teresa Panini, delle mitiche edizioni Panini, si dedica adesso alle edizioni d'arte e mi ha chiesto di collaborare a un volume sulla Cappella Palatina di Palermo, consacrata il 28 di aprile del 1140, uno dei capolavori più visitati nella mia città, a me particolarmente caro perché là si sposarono i miei genitori.
Chi ora alza il naso verso quei magnifici mosaici di scuola bizantina, o ammira, sulle foto o dal vivo, il soffitto in legno con le classiche decorazioni islamiche "muqarnas", percorrendo la pianta latina voluta dal contestato re Ruggero II (né gli aristocratici, né il Papa, simpatizzavano per quel monarca normanno innamorato del Mediterraneo) è di fronte a un capolavoro multiculturale.
Le culture dell'Isola vengono tutte chiamate da Ruggero a collaborare alla Cappella, monumento religioso, scrigno d'arte, ma soprattutto manifesto politico. Ruggero, accusato di aver collaborato con l'antipapa Anacleto II, detestato dal teologo Bernardo di Chiaravalle, da re Luigi VI di Francia, da Enrico I di Inghilterra, da Lotario III, imperatore del Sacro Romano Impero, e inviso al Papa, deve dimostrare di essere Re, Re senza dubbi e che cosa rende un Re davvero Re, nella storia come nelle fiabe, se non un palazzo con meravigliosa cappella al centro?
Se leggete dunque le preoccupazioni di questi giorni dei leader europei, il giovane premier inglese Cameron, la cocciuta cancelliera tedesca Merkel, il frivolo presidente francese Sarkozy (da noi? Da noi nessuno si preoccupa di quel di cui il mondo si preoccupa, illusi di «cavarcela all'italiana»...) vi ritrovate dritti alle preoccupazioni di Ruggero II.
«Multiculturalismo» è parola ostica da definire, perfino Wikipedia, l'ubiqua enciclopedia online che tutto incasella nella sua sterminata tassonomia di base, rinuncia: «difficile definire». E se chiedete ai vostri amici che cosa possa mai voler dire «multiculturale», vi ritroverete con una macedonia di idee e sentimenti che hanno però passato in frigo un pomeriggio di troppo, qualche pezzetto di mela e pera fragranti, la banana ingiallita.
«Multiculturale» può volere dire non darsele di santa ragione tra diversi, accettare, come negli asili di Manhattan, che i bambini decorino l'albero di Natale, facciano prillare le trottoline ebraiche dreidel alla festa di Hanukkah, e cantino insieme gli inni di Kwanzaa, il festival panafricano costruito a tavolino da Maulana Karenga nel 1967, che tra non troppi anni sarà «tradizionale».