House Ad
House Ad
 

Cultura-Domenica Arte

Canaletto, che rivalità

Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2011 alle ore 08:23.

La mostra «Venice: Canaletto and his rivals», allestita lo scorso autunno nella National Gallery di Londra, è approdata oggi nell'East Building della National Gallery di Washington. Firmata dall'inglese Charles Beddington e dall'americano David Alan Brown, la rassegna ha un cuore totalmente italiano. A sostenerne l'organizzazione è stata infatti la milanesissima Fondazione Bracco, che con questa manifestazione internazionale ha dato avvio alle sue attività culturali per il 2011 (il prossimo appuntamento è in marzo, con l'avvio dei restauri della Galleria di Alessandro VII al Quirinale).
Fedele alla sua missione di valorizzare l'intreccio tra arte, scienza ed economia, e orgogliosa di inserire questa manifestazione negli eventi del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, la Fondazione Bracco presenta al pubblico americano una spettacolare parata di circa sessanta vedute veneziane dipinte da Canaletto e da tutti i più grandi protagonisti del vedutismo veneziano. Un'exhibition dal taglio molto particolare perché mette in evidenza soprattutto le forti rivalità che esistevano tra i vedutisti nel contendersi committenti e collezionisti. Sappiamo, infatti, che Canaletto lavorò a Venezia insidiato dai colleghi, che fu costretto a sgomitare e persino a emigrare per conquistarsi nuove fette di mercato. E sappiamo anche che alla fine di una vita di incessante lavoro morì povero in canna. La mostra ci cala in quest'agone di professionisti del pennello gli uni contro gli altri armati e ci permette di comprendere come gli artisti spesso modulassero soggetti, formati e persino timbri luministici semplicemente per accontentare i gusti dei loro committenti.
Oltre a presentare nuovi dipinti, la versione americana offre un intrigante inserto tecnologico che a Londra non c'era: una sala (la numero 7) dedicata alla camera oscura nella quale, attraverso tre camere oscure puntate sull'atrio del museo, i visitatori possono farsi un'idea chiara di come operassero i vedutisti nel carpire tagli e dettagli di vedute. D'altro canto, David Alan Brown, non è nuovo a queste contaminazioni tra arte e scienza: grazie al lui e alla sua passione per i computer, qualche anno fa è stato possibile ricostruire virtualmente l'aspetto originario del quadro più celebre della National Gallery di Washington, il Ritratto di Ginevra Benci di Leonardo da Vinci. La mostra di Washington si apre con una piacevole sorpresa: una grande gondola. Si badi, non una gondola qualsiasi: si tratta di una delle più grandi e antiche gondole che si conservino al mondo, appartenne al pittore americano dell'Ottocento Thomas Moran (detto il «Turner americano») che la usava a Long Island e che oggi è gelosamente conservata a Newport in Virginia.

L’articolo continua sotto

Tags Correlati: Arte | Canaletto | Costantino Brumidi | Diana Bracco | Fondazione Bracco | Francesco Tironi | Giulio Terzi | Inghilterra | Joseph Smith | Stati Uniti d'America | Thomas Moran | Turner | Venezia

 

Compito della gondola è quello di traghettare il pubblico nel vivo di una rassegna che ci presenta l'intera parabola del vedutismo veneziano del Settecento, da Gaspar van Wittel a Francesco Guardi passando per Luca Carlevarijs, Antonio Canale detto il Canaletto, Michele Marieschi, Bernardo Bellotto e per un piccolo contingente di artisti meno noti (da antonio Joli a Francesco Tironi). Il percorso segue un andamento cronologico a eccezione delle sale 4, 5 e 6, nelle quale i curatori hanno giocato la carta della spettacolarità riunendo i quadri di feste, regate e solenni ambascerie presso i Dogi.
L'exhibition prende avvio con un paragone tra Van Wittel, Carlevarijs e Canaletto. A iniziare la grande stagione del vedutismo veneziano non fu infatti un pittore veneziano ma un olandese trapiantato in Italia, Gaspar van Wittel (1652-1736), noto come Gaspare Vanvitelli. In verità, il quadro di Vanvitelli presente in mostra (Molo dal bacino di San Marco del 1697) non suscita l'impressione di esser stato colto dal vero: i colori ci appaiono innaturali e pallidi. Ma c'è un motivo. Il pittore era miope e portava lenti spessissime che non gli permettevano una giusta percezione delle cose (non a caso è passato alla storia col buffo soprannome di «Gasparo dalli Occhiali»). A vederci benissimo fu invece l'udinese Luca Carlevarijs (1663-1730), il quale intuì il grande futuro del genere della veduta. Fu il primo a mettere a punto le inquadrature più celebri e vendibili della città, e a farsi pubblicità facendo incidere le sue vedute, un'operazione di marketing che gli porterà grande notorietà tra il pubblico degli intenditori a Venezia e all'estero.
Che cosa impedì a Carlevarijs di diventare celebre come Antonio Canale detto Canaletto (1697-1768)? La luce. Canaletto aveva capito che i suoi clienti volevano vedere Venezia immersa nel sole estivo. E aveva capito che ci volevano quadri di formato piccolo che potessero più facilmente viaggiare: Joseph Smith, il console britannico di stanza a Venezia decreterà il successo anglosassone di Canaletto facendogli vendere vedute veneziane in serie a tutti i più grandi aristocratici inglesi. In più, Canaletto ebbe l'idea di andare a immortalare angoli più appartati della città (come il celebre Laboratorio dei marmi di san Vidal), oppure di deformare le angolazioni delle vedute più celebri (si veda i quadri conservati nella sala 9) per aumentarne la singolarità e la spettacolarità. In entrambe i casi, i soggetti ebbero una grande fortuna tra i committenti. Eppure, nonostante ciò, Canaletto visse sempre assediato e insidiato da temibili concorrenti, soprattutto tra le generazioni più giovani di lui. Il primo fu Michele Marieschi (1710-1743) che soffiò a Canaletto un super cliente come il feldmaresciallo Johann Matthias von der Schulenburg abbassando drasticamente i prezzi dei quadri: Marieschi aveva fatto pagare a Schulenburg 55 zecchini per un quadro identico a uno che Canaletto aveva fatto pagare al feldmaresciallo 120 zecchini. C'è ragione di credere che quando Marieschi morì a soli 32 anni, Canaletto abbia tratto un lungo, rasserenante sospiro di sollievo.
L'altro grande rivale, Antonio Canale lo aveva in casa. Era suo nipote Bernardo Bellotto (1721-1780). Così bravo e fedele ai modelli canalettiani da diventare anch'egli un pericolo per l'illustre zio. Furono gli avvenimenti storici a impedire che i due congiunti si facessero le scarpe a vicenda nell'accaparramento dei clienti. La guerra di successione austriaca (1740-1744) bloccò l'afflusso dei turisti-committenti a Venezia e divenne necessario andarseli a cercare direttamente in patria. I due vedutisti si spartirono il territorio: Bellotto partì per Dresda, Canaletto per l'Inghilterra. Ma il soggiorno inglese di Canaletto, durato nove anni, non fu affatto facile. Gli artisti locali gli fecero guerra mettendo in giro voci malevole: dicevano, ad esempio, che lui non fosse il vero Canaletto bensì suo nipote Bellotto. Per smentire queste falsità, Antonio Canale fu costretto a pubblicare più di un annuncio sul «Daily Advertiser» per invitare gli amatori d'arte ad andare a vederlo dipingere nel suo studio in Regent Street.
Quando Canaletto rientrò in Laguna, trovò Francesco Guardi (1712-1793) già attivissimo. Il re dei vedutisti tentò di riacquistare buone posizioni di mercato ma lo fece a gran fatica: le languide e preromantiche vedute del Guardi gli stavano, progressivamente, soffiando la piazza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
oltre la mostra La Dolce DC: l'Italia protagonista
La mostra «Venice: Canaletto and his rivals» non è solo una spettacolare rassegna d'arte. È anche, e soprattutto, un ottimo biglietto da visita per presentare l'Italia nella capitale degli Stati Uniti d'America nell'anno del 150° anniversario dell'Unità nazionale. Non è un caso che a tagliare il nastro inaugurale della rassegna ci fosse, accanto a Diana Bracco, l'ambasciatore italiano negli Usa Giulio Terzi di Sant'Agata. Per tutto l'anno, l'Italia sarà infatti protagonista a Washington con molti eventi di arte, musica, moda, design e buona tavola. La rassegna si intitola, significativamente, «La Dolce DC» per evocare la dolce vita italiana. La Madama Butterfly e il Don Pasquale saranno di scena alla Washington National Opera, una mostra sulla moda italiana e una sui vetri di Murano si potranno ammirare al Ronad Reagan Building. E poi ci saranno anche visite agli angoli d'Italia presenti a Washington, come la cupola del Campidoglio affrescata dall'italiano Costantino Brumidi.
venice: canaletto and his rivals Washington, National Gallery of Art fino al 30 maggio www.nga.gov

Shopping24

Da non perdere

L'esempio di Baffi e Sarcinelli in tempi «amari»

«Caro direttore, ho letto (casualmente di fila) i suoi ultimi tre memorandum domenicali. Da

L'Europa federale conviene a tutti

Ho partecipato la scorsa settimana a Parigi a un incontro italo francese, dedicato al futuro

Non si può privatizzare la certezza del diritto

In questa stagione elettorale, insieme ad un notevole degrado, non solo lessicale, ma anche di

Le sette criticità per l'economia Usa

Quale futuro si prospetta per l'economia degli Stati Uniti e per quella globale, inevitabilmente

Sull'Ilva non c'è più tempo da perdere

La tensione intorno al caso dell'Ilva non si placa. Anzi, ogni giorno che passa – nonostante i

Casa, la banca non ti dà il mutuo? Allora meglio un affitto con riscatto. Come funziona

Il mercato dei mutui in Italia resta al palo. Nell'ultimo mese la domanda di prestiti ipotecari è


Jeff Bezos primo nella classifica di Fortune «businessperson of the year»

Dai libri alla nuvola informatica: Jeff Bezos, fondatore e amministratore delegato di Amazon,

Iron Dome, come funziona il sistema antimissile israeliano che sta salvando Tel Aviv

Gli sporadici lanci di razzi iraniani Fajr-5 contro Gerusalemme e Tel Aviv costituiscono una

Dagli Assiri all'asteroide gigante del 21/12/2012, storia di tutte le bufale sulla fine del mondo

Fine Del Mondo, Armageddon, end of the World, Apocalypse? Sembrerebbe a prima vista roba da