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Perdersi nel grande zoo di San Pietro

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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2011 alle ore 08:24.

Anche a me accade che, durante le cerimonie in san Pietro, lo sguardo si perda talora lungo le spirali delle colonne tortili del baldacchino berniniano e gli occhi siano attratti dalle api barberiniane di Urbano VIII collocate alla base e sui capitelli. Anche se con ben diversa ascendenza, pure nel mio stemma cardinalizio volano due api che non evocano genealogie, bensì rimandano semplicemente alla reiterata proclamazione del Salmista secondo il quale la parola di Dio «è più dolce del miele e di un favo stillante» (con un eventuale ammiccamento alla leggenda delle api posate sulla boccuccia del neonato sant'Ambrogio, prefigurazione del suo "dolce" magistero). Ma, se uno volesse visitare la basilica papale alla ricerca del simbolismo animale, rimarrebbe certamente stupito non immaginando di imbattersi in un vero e proprio zoo sacro.
Uno zoo che il raffinato critico d'arte del l'«Osservatore Romano», Sandro Barbagallo – capace di unire costantemente acribia filologica all'originalità analitica (scalpore ha fatto di recente la sua "scoperta" del figlio prete di Modigliani) – insegue specie per specie, bestia per bestia, isolando qualcosa come 64 soggetti diversi. E se è scontato che sfilino in quell'Eden ierozoico l'Agnello pasquale e cristologico, la colomba noachica e "pneumatica", il drago o il serpente diabolico, il pesce mistico, l'aquila giovannea, il leone marciano o appunto l'ape barberiniana, è più sorprendente che occhieggino anche topi e scoiattoli, lumache, ricci e farfalle, merli, ghiri, tartarughe e così via. Affollate di questi animali sono soprattutto le cinque porte bronzee di accesso alla basilica, dovute al Filarete, e ai contemporanei Manzù, Minguzzi, Crocetti e Consorti.
Non manca neppure un'inattesa lucertola sulla quale l'autore ci offre una curiosa informazione: per la fusione del baldacchino centrale Bernini adottò la tecnica della "cera persa" che, però, in questo caso divenne piuttosto della "lucertola persa", perché nella colata della base delle colonne l'artista inserì «due autentiche lucertole che incenerite al passaggio del metallo incandescente hanno lasciato la loro forma» (tutto questo avveniva allora in assenza di qualsiasi movimento animalista...). Sta di fatto che la sacra zoologia vaticana partecipa di una simbolica zoomorfa che attinge alle stesse Sacre Scritture. Infinite sono le pagine bibliche ove si affaccia un colorato bestiario: è sufficiente partire dalla folla degli animali appena creati, presentati dal capitolo 1 della Genesi o dal l'inquietante serpente del capitolo 3, per approdare all'Agnello glorioso e al suo avversario, il Drago rosso col suo corteo della «bestia del mare» e della «bestia della terra», che suggellano l'ultimo libro biblico, l'Apocalisse.

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Tags Correlati: Benedetto XVI | Cesare Ripa | Cultura | Louis Charbonneau Lassay | Manzù | Maria Pia Ciccarese Animali | Minguzzi | Plinio il Vecchio | Roma | San Pietro | Urbano VIII

 

A questa prima e fondamentale grammatica ermeneutica del simbolismo animale si devono aggiungere almeno altri due sussidi che permettono di decifrare l'iconografia zoologica. Da un lato, c'è la classicità greco-romana: basta evocare i favolisti Esopo e Fedro o la Naturalis historia di Plinio il Vecchio e il De natura animalium di Eliano, che generarono un flusso iconologico che inondò i secoli successivi e del quale è testimone la celebre Iconologia di Cesare Ripa. D'altro lato, però, c'è lo specifico cristiano con le sue tipologie originali e qui sorprende che Barbagallo non citi nella sua bibliografia i due recenti volumi molto suggestivi di Maria Pia Ciccarese Animali simbolici. Alle origini del bestiario cristiano (Dehoniane, Bologna 2002 e 2007). I Padri della Chiesa, infatti armati degli strumenti biblici e classici, elaborarono un loro sistema interpretativo stupefacente. Tanto per esemplificare, quel leone, così presente in san Pietro e altrove, non è solo un segno messianico ed evangelico ma, quando è dilaniato a mani nude dall'Ercole biblico Sansone, diventa in modo poco theologically correct «il feroce popolo giudaico», dato che Sansone si trasforma in figura Christi. Per fortuna, ci sarà un sant'Agostino che nel leone vedrà «il popolo delle genti tutte» peccatrici, purificando la simbologia da ogni inquinamento antisemitico.
Ma lasciamoci guidare da Barbagallo in questa inedita visita alla più celebre basilica della cristianità, senza dimenticare un ultimo ingresso, quello dell'orso presente nello stemma di Benedetto XVI, legato alla vita di san Corbiniano, primo vescovo di Frisinga, la città unita a Monaco di Baviera nella sede episcopale occupata dal cardinale Ratzinger. Spiega appunto il nostro autore: «Durante un viaggio per recarsi a Roma, mentre attraversava una foresta un orso sbranò il cavallo di Corbiniano. Riuscito miracolosamente ad ammansirlo, caricatolo dei suoi bagagli, il santo si fece portare da lui fino a Roma. L'orso è, infatti, rappresentato con un fardello sul dorso, che simboleggia anche lo stesso vescovo, gravato dal peso del suo episcopato». Forse aveva ragione Molière quando, nell'Anfitrione, osservava che «les bêtes ne sont pas si bêtes que l'on pense». E che non siano proprio così "bestiali", come noi umani pensiamo, lo si evince anche da certi nostri comportamenti che meritano il sospetto di Nietzsche quando, nella Gaia scienza, scriveva: «Temo che gli animali vedano nell'uomo un essere uguale a loro che ha perduto in maniera estremamente pericolosa il sano intelletto animale».
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da ricordare Alla scuola
di Charbonneau
Lassay
Un classico per capire la presenza degli animali reali o della mitologia nel sacro è Il bestiario di Cristo, di Louis Charbonneau Lassay, edito in due volumi da Arkeios con illustrazioni. Nel primo volume parte dai quattro animali del tetramorfo presenti nelle visioni di Ezechiele e di san Giovanni (leone, toro, aquila e uomo) per poi affrontare gli animali domestici, i selvaggi, i favolosi, i rapaci. Nel secondo volume affronta gli uccelli dei boschi e dei campi, quelli delle acque e dei fiumi, i pesci,
i rettili, gli insetti, per finire con una sezione sulle conchiglie). Tutto studiato
in relazione a Cristo.
Louis Charbonneau-Lassay (Loudun, 18 novembre 1871 – Loudun, 1946) è stato uno storico, archeologo e incisore francese. Fu anche iconografo, sigillografo, numismatico, ma soprattutto fu un simbolista e un esperto di araldica. Intrattenne
una lunga relazione epistolare con René
Guénon (1886-1951).
gli animali nell'arte religiosa. la basilica di san pietro in vaticano Sandro Barbagallo Libreria Editrice Vaticana, Roma pagg. 238|€ 33,00

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