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Cultura-Domenica Arte

Storia manoscritta d'Italia

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 06:42.


La sala è buia e i riflettori puntano solo una luce delicata sui preziosi manoscritti. Dentro le vetrine, eccoli: mai visti così da vicino e tanti tutti insieme. A delineare la storia di un paese che ha solo 150 anni dal punto di vista delle istituzioni statali, ma conta sette secoli da quello della lingua. Almeno, della lingua letteraria. Infatti a "vigilare" su cotanti testimoni c'è una guida d'eccezione, Francesco De Sanctis. È la sua Storia della letteratura italiana a fare da filo rosso e a fornire l'occasione per questa eccezionale mostra dei manoscritti dei nostri più grandi autori, che da oggi sarà visitabile al Quirinale e resterà aperta al pubblico fino al 3 aprile.
L'iniziativa è stata fortemente voluta dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che ha individuato nella lingua e nella letteratura quel denso e indistruttibile "collante" che ha fatto sì che gli italiani si sentissero tali (e, in effetti, lo fossero) ben prima del 1861. La mostra è organizzata dalla Fondazione De Sanctis, presieduta dal pronipote dello storico della letteratura, che ne porta identico nome. «Solo a dicembre – racconta – abbiamo avuto il via libera: ma anche in poco tempo siamo riusciti ad avere il meglio dei manoscritti dei nostri autori».
La passeggiata è da brividi. Al centro della stanza il manoscritto del De Sanctis, sui quattro lati gli autografi, ciascuno dei quali è riportato in chiare lettere a beneficio dei lettori e accanto ha un breve commento tratto dalla Storia del grande critico. Si parte con una raccolta di poeti stilnovisti, iniziatori della nostra civiltà letteraria matura.
Manca, ovviamente una copia o anche solo un brandello dell'araba fenice della letteratura italiana e mondiale: la Commedia. C'è, in compenso, il più antico manoscritto datato del l'opera (è custodito a Piacenza, nella Biblioteca Comunale Passerini-Landi, il codice è perciò il Landiano), che risale al 1336. È aperto a una pagina emozionante: l'invettiva del sesto canto del Purgatorio: «Ahi serva Italia di dolore ostello...». La carrellata prosegue con gli altri due grandi toscani, che hanno fatto da modello alla lingua che oggi parliamo: Petrarca, presente con alcune lettere e Giovanni Boccaccio. Del Decameron ecco qui l'unica copia di mano dell'autore. Conservata alla Staatsbibliothek Preussischer Kulturbesitz di Berlino si muove raramente dalla Germania. L'attribuzione (per secoli non si pensò che fosse autografa di Boccaccio) è stata confermata nel 1962 da Vittore Branca e Pier Giorgio Ricci. La scrittura, elegantissima, è una semigotica libraria, di modulo piccolo: l'autore la vergò negli ultimi anni della sua vita, intorno al 1370 (e questo stesso manoscritto fu nelle mani del Bembo che lo annotò). Poi, via ancora con questo «Viaggio tra i capolavori della letteratura italiana»: con pagine autografe di Guicciardini, Ariosto, Tasso, Machiavelli, Marino, Alfieri (Vita), Goldoni, Foscolo (una pagina delle Grazie), Manzoni (il più celebre incipit della nostra storia, dopo la Commedia) e, infine, Giacomo Leopardi.

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Tags Correlati: Alberto Arbasino | Alessandro Manzoni | Germania | Giorgio Napolitano | Giovanni Boccaccio | Italia | Mostre | Tullio De Mauro | Umberto Eco | Vittore Branca |

 

Nel catalogo alcuni scrittori contemporanei rileggono i classici: firme come Alberto Arbasino e Raffaele La Capria, ieri presenti nel sontuoso parterre del convegno che ha inaugurato la mostra, dedicato alla lingua italiana. Sono intervenuti Giuliano Amato, Tullio De Mauro, Nicoletta Maraschio, Luca Serianni, Vittorio Sermonti, Carlo Ossola e Umberto Eco, intervallati da letture degli originali. E se Carlo Ossola ha delineato il perfetto canone popolare dei libri che hanno fatto gli italiani (non solo alta letteratura ma anche l'Artusi e Pinocchio), Umberto Eco ha chiuso con uno dei suoi efficaci paradossi. «Nel 1861 Cavour scriveva a D'Azeglio in francese. In quel caso la lingua era stata un fattore «inutile per l'Unità» ma oggi, se come qualcuno minaccia «ci dovessimo dividere, beh, sarebbe indispensabile l'italiano nella disunione». Come a dire: qualunque cosa succeda, per la lingua italiana il futuro c'è.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Giovanni Boccaccio
Il più raro
Una pagina autografa del Decameron di Giovanni Boccaccio. Il manoscritto è custodito a Berlino e viene raramente prestato all'estero. L'attribuzione è stata confermata nel 1962 da Vittore Branca e Pier Giorgio Ricci. Fu scritto circa nel 1370.
Alessandro Manzoni
Il romanzo più glorioso
La prima pagina dei Promessi Sposi col celebre incipit «Quel ramo del lago di Como...». Manzoni rimetteva continuamente mano alla sua opera.
Molte le varianti anche
dopo la stampa. È custodito
alla Braidense di Milano.
Giacomo Leopardi
Il più poetico
Un quaderno autografo di Giacomo Leopardi chiude la mostra. Qui si legge una riscrittura dell'idillio L'infinito, la più nota delle poesie del recanatese.
È conservato a Visso,
nel Museo civico-diocesano di Sant'Agostino.

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