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Questo articolo è stato pubblicato il 23 febbraio 2011 alle ore 21:14.

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Il garbo sovversivo dei Preraffaelliti in mostra a RomaIl garbo sovversivo dei Preraffaelliti in mostra a Roma

Nato come Confraternita – a Londra, nel 1848 – quello dei Preraffaelliti fu un movimento artistico singolare: conservatore negli intenti ma riformista negli esiti, mosse una crociata in favore di un ritorno etico al primitivismo ma mantenne sempre un'attenzione particolare verso i grandi contenuti della modernità - nei confronti dei quali nutrì, costantemente, l'ambiguo e fascinoso sentimento dell'attrazione-repulsione – e produsse cambiamenti epocali in fatto di tendenze. A quel tempo l'Inghilterra era il cuore del mondo. L'epoca vittoriana viaggiava verso il suo apogeo e impregnava tutto di puritanesimo della forma, oltreché della sostanza.


La mostra "Dante Gabriel Rossetti, Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana" che s'apre giovedì a Roma, fornisce un quadro esauriente e sorprendente di quell'esperienza, contestualizzandola e rivelandone persino le straordinarie conseguenze sul gusto estetico dei decenni a venire. A cominciare dall'Italia, per finire in Italia. Ed è proprio il fascino che il Bel Paese esercita su tutta una generazione di artisti figli del romanticismo più engagé, bramanti un ritorno al naturalismo tout court, ovvero già stufi della rivoluzione industriale e della maniera leccata di certi agi della modernità, ad essere il fulcro del suddetto discorso espositivo.

La penisola e la sua millenaria espressione estetica vennero letteralmente "saccheggiate" - un po' per moda, un po' per malinconica nostalgia delle cose buone di una volta - da questi visionari (Rossetti, Hunt, Millais, Morris, Burne-Jones e altri). Costoro ripudiarono Raffaello, il padre della pop art, colui che in nome della «bellezza» aveva tradito la «verità», e si spinsero fino a vagheggiare un ritorno all'età di mezzo, pur di sopprimere quell'insopportabile manierismo col quale ben si estrinsecava il piatto estro artistico della nascente classe borghese.

A partire dalle incisioni tratte dagli affreschi del "Camposanto di Pisa", opera di Carlo Lasinio (1812), che costituirono un fondamentale strumento di ricezione del gusto dei primitivi italiani in ambito preraffaellita. Giunti agli artisti della Confraternita, tali lavori divulgarono la conoscenza degli affreschi di Giotto e della sua scuola, di Simone Martini, di Benozzo Gozzoli e di altri, incarnando nel loro immaginario una sorta di Medioevo fantastico. Un luogo virtuale che diverrà fonte di ispirazione diretta e potentissima.

Inoltre furono gli scritti di John Ruskin (colui che poi avrebbe dato rilievo critico all'opera dei Preraffaelliti) sull'arte italiana - dal Medioevo al Rinascimento – a rappresentare nella cultura vittoriana uno dei più complessi e stimolanti momenti di riflessione critica e teorica. Fin da giovane Ruskin si era dedicato allo studio appassionato della pittura del Rinascimento italiano e i numerosi viaggi in Italia gli permisero di scoprire «l'arte dell'uomo in tutta la sua maestà».

A quel tempo, tra l'altro, in Inghilterra circolavano riproduzioni a colori dei più importanti capolavori italiani, create con lo strumento della cromolitografia che, rispetto alla nascente fotografia, aveva la caratteristica di rendere visibile lo splendore originario e le differenti tonalità di colore. La tecnica di riproduzione comportava una semplificazione formale, capace di restituire un'immagine ingenua e popolare dei più celebri capolavori. Le tavole erano inoltre accompagnate da testi che fornivano un insieme di notizie storico-critiche sui maestri italiani, sulle scuole pittoriche di cui erano stati precorritori e sulle relative opere scelte per le illustrazioni.

Insomma, con un occhio puntato costantemente verso la nostra penisola, si genererà il preraffaellismo, esperienza estetica intensa e variegata. Ben svelata da questa mostra, dalle origini (che, oggi, paradossalmente, paiono "di maniera" nel loro essere "anti-maniera"), fino ai successivi e policromi sviluppi, proposti dagli adepti della prima ora: Rossetti, stregato da donne fatali, avrebbe dato nuovo splendore alla ritrattistica; Morris, sempre più botanico e floreale sarà generatore del Liberty; Burne-Jones si michelangiolizzerà, e via dicendo. Finchè il tutto non si conclude, poi, con un sorprendente "ritorno a casa".

Già sul finire dell'Ottocento, infatti, nella neonata Italia s'andava diffondendo un interesse sempre più vivo nei confronti dei fermenti culturali anglosassoni del tempo. Ecco che nella Roma fin de siècle il modello inglese e il recupero del primo Rinascimento si impongono come gusto dominante nei circoli estetizzanti di artisti e letterati raccolti attorno a gente del calibro di Gabriele D'Annunzio, per citarne uno, e il destino del primo moto artistico "global" si compie: dall'Italia all'Italia. Passando per un'Inghilterra ricca e cosmopolita, prima grande potenza del mondo moderno.

Dante Gabriel Rossetti - Edward Burne-Jones e il mito dell'Italia nell'Inghilterra vittoriana
a cura di Maria Teresa Benedetti, Stefania Frezzotti e Robert Upstone
Roma, Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea
24 febbraio - 12 giugno 2011
Catalogo Electa
www.gnam.beniculturali.it

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