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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 17:08.

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Nella foto l'attore Colin Firth nel film "Il discorso del re" (2010) di Tom Hooper (AFP Photo)Nella foto l'attore Colin Firth nel film "Il discorso del re" (2010) di Tom Hooper (AFP Photo)

Nel 2010 era andata di lusso all'Oscar Academy Awards. La battaglia finale aveva molte attrattive: c'era il film impegnato, The hurt locker, che al botteghino aveva avuto risultati modesti, contro il gigante d'incassi Avatar; c'era la lotta di genere e di peso, tra una regista, Kathryn Bigelow e il certo più conosciuto James Cameron; ma soprattutto a scaldare le pance erano i pettegolezzi sul fatto che i due erano stati sposati. Le telecamere puntavano impazienti al momento in cui l'ex coppia si sarebbe salutata, sperando di cogliere moti di sfida e magari d'odio. Non successe nulla di eclatante. Bigelow ritirò la sua statuetta per il miglior film senza tracotanza, con i complimenti dell'ex marito. Ma intanto si era parlato, dibattuto e tutti si erano incollati al televisore.

In assenza dell'arena, come saprà Hollywood rendere appealing l'evento mediatico dell'anno? Questa notte al Kodak theatre non l'avranno facile. Il duello, quello sostanziale, è tra «Il discorso del re» di Tom Hooper, con 12 nomination (e che le agenzie di scommessa danno per vincente) e «The social network» di David Fincher, con otto nomination. Solo Il «Grinta» dei fratelli Coen ha ricevuto più candidature, ben dieci, rispetto alla pellicola di Fincher; tuttavia, secondo i rumors, la seduttività del western d'autore sembra piuttosto in ribasso negli ultimi giorni. Come anche quella degli altri concorrenti in lizza: Inception di Christopher Nolan con otto candidature, The Fighter di David O. Russel e 127 Ore di Danny Boyle con cinque; a seguire Il cigno nero di Darren Aronofsky, Un gelido inverno di Debra Granik e Toy Story 3 di Lee Unkrich con cinque, in coda I ragazzi stanno bene di Lisa Cholodenko con quattro e Alice in Wonderland di Tim Burton con tre nomination.

I due sfidanti massimi non hanno un carisma tale da suscitare un clima da derby: entrambi i film raccontano le storie - in epoche e con mezzi diversi - di due uomini potenti, accomunati da una forte solitudine interiore. L'epopea di Bertie, duca di York e secondogenito del re di Inghilterra Giorgio V, interpretato da Colin Firth, secondo l'eminente e viperino critico del The New York Times A. O. Scott, avrebbe molte chance di vincere poiché racchiude in sé almeno tre elementi strappa-statuette: il coraggio di opporsi a Hitler, l'handicap (la balbuzie) e il dramma di matrice scespiriana. Ma ha buoni numeri anche The social network, costruito sulla figura del demiurgo di Facebook, Mark Zuckerberg, nei cui panni logorroici e spocchiosetti, è perfetto Jesse Eisenberg, bambinone spaesato, ciabattone, genialmente "stronzo", epiteto che si sente ripetere più volte nel film. La nascita dell'impero di Facebook fa in realtà molto gioco all'Academy per creare l'evento. Per la prima volta la notte degli Oscar sarà visibile live su iPad e iPhone e la campagna è stata congeniata a misura di comunità virtuale. Per esempio è stato messo "sotto twitter" un gruppetto di mamme di candidati, le cosiddette mominees, che postano e posteranno in tempo reale durante la cerimonia. Per aggiungere un po' di sale si vocifera che sul palco potrebbe intervenire il writer di Bansky, di cui nessuno ha mai visto il volto, protagonista di Exit through the gift shop di Thierry Guetta, che concorre nella sezione documentario. Trucchetti da paleolitico, visto che James Franco, candidato come migliore attore per 127 Ore, nonché presentatore della serata con Anne Hathaway, ha addirittura due generazioni online tra le mominees: mamma Betsy e nonna Mitzi.

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