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Ma una civiltà senza segni è priva di vita

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 15:15.

A me, cristiano, il libro di Sergio Luzzatto non persuade, anche per la scelta del pamphlet come strumento di comunicazione. Per affrontare un tema di così vasta portata occorreva un altro passo. Mi pare che l'autore dimentichi come da quel giorno sul Golgota, fino ai giorni nostri per il fatto d'esser cristiani, in molte zone del mondo, c'è un sacco di gente che ha perso la vita. A quest'odio che si fa più cupo non a caso quando fa i conti con la carnalità scandalosa del crocifisso, i cristiani han spesso risposto facendosi il segno della croce, graffiandoselo nel cuore o sui muri, tessendolo in segreto con misera canapa, con fili di ferro e di lacrime. Come il nome di un amore. O alzandolo su vessilli. Mai nascondendolo dalla scena della storia. Nelle più oscure fosse di dolore sono stati fatti crocefissi di ogni genere, minimi e segreti, per guardare il senso della pena. Per la mia fede, stracciata e semplice che ci sia o no, Gesù esposto nelle aule di scuola non cambia niente. So dove inginocchiarmi di fronte a Lui. Ma a me, come italiano, fa piacere: significa che questo paese, dove da tutto il mondo vengono a vedere luoghi in buona parte legati alla storia e all'arte nate e sviluppate con il cristianesimo, è fatto non solo di istituzioni ma anche di anima e storia, di vita. Così come sono soddisfatto di vedere esposti simboli di origine religiosa o no in tanti luoghi pubblici in giro per il mondo.

SONDAGGIO / Secondo voi è giusto che il crocifisso sia esposto nei luoghi pubblici oppure dovrebbe essere rimosso?

Secondo Il crocifisso di Stato invece la croce esposta è sintesi di tutti i mali italiani (a proposito, come la mettiamo con la bandiera della Svizzera, paese dove l'autore ha scelto di vivere, visto che ha la croce sulla bandiera nazionale stessa?). Per Luzzatto ogni religione dovrebbe ritirarsi nello spazio del privato e se la prende quindi con chi non condivide la sua tesi. Natalia Ginzburg, per esempio, viene definita "melensa", poiché ricordò in un suo articolo su «l'Unità» che il crocifisso esposto non fa male a nessuno e mostra un elemento vitale della nostra civiltà: guardare alla vita con pietà. Perché bollare come "melenso" il ragionare dell'esponente di una famiglia sfregiata con il sangue? Luzzatto poi ce l'ha con il presidente Giorgio Napolitano che, da ministro, non rispose ad alcuni di coloro che sollevarono il problema del crocifisso nei luoghi pubblici. Prende di mira molti, da Travaglio a Mussolini, da Padre Pio a Giuliano Ferrara.

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Tags Correlati: Cultura | Giorgio Napolitano | Giuliano Ferrara | J. Weiler | Natalia Ginzburg | Padre Pio | Perciò Luzzatto |

 

Il parlare in nome della "storia" e della "scienza" non lo esime da contraddizioni: rilancia l'idea che il crocifisso sia stato nel Medioevo segno di guerra a cui fedeli d'altre religioni han dovuto reagire e poi ricorda le ingiurie portate in epoca precedente da fanatici ebrei alla croce.

Racconta le vicende gravose di coloro che con tenacia han voluto portare davanti a giudici e presidenti il loro sentirsi offesi dalla presenza del crocifisso. Storie rispettabili e comprensibili, ma con le quali l'autore stesso finisce per trovarsi in disaccordo. Costoro, "offesi" dal crocifisso, non volevano nessun simbolo. Luzzatto deve invece convenire con il mio amico professor J. Weiler, insigne giurista ebreo di New York che ha difeso a Strasburgo il ricorso dell'Italia e d'altri paesi contro l'ingiunzione di togliere i crocefissi dai luoghi pubblici. Weiler infatti – con brillantezza e humour, presentandosi con la kippah d'ortodosso ebreo per difendere il crocifisso – ha mostrato ai giudici che non è possibile in questo genere di faccende arrivare a un grado zero di problema. I simboli religiosi non vanno "laicizzati", ma letti per il valore che hanno a riguardo della storia di un popolo. Cittadini britannici potranno sempre sentirsi offesi dal fatto che nel loro inno ci si rivolga a Dio. Eliminando tali parole si sentirebbero offesi i credenti. In ogni caso non si può negare il valore di tali parole per la storia di quel paese. Insomma, la storia non sopporta l'inseguimento dell'attrito zero. Inutile invocare simboli buoni che "uniscono" contro cattivi che "dividono": ogni segno porta con sé la necessità della comprensione e della tolleranza. Il muro bianco è solo negazione di ogni storia. Una civiltà che non dà luogo a segni condivisi – come è il crocifisso – è civiltà morta. Perciò Luzzatto finisce il pamphlet riproponendo l'idea di sostituire il crocifisso con l'elica del Dna, unico simbolo che ci accomunerebbe. Ma non è proprio il Dna ci distingue? Dividendo i malati dai sani, i fortunati dagli imperfetti, i bassi dagli spilungoni...

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