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Il coraggio dell'ignoto per affermare di esistere

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 08:21.

L'essere umano sarà pure un homo viator, ma provate a chiedere a un immigrato o a un emigrante se la sua è un'esaltante esperienza di vita e di conoscenza... Anche se ignora chi sia Montaigne e non ne condivide certo l'ansia interiore, potrebbe però prosaicamente trascrivere per se stesso una nota dei Saggi: «A chi mi domanda la ragione dei miei viaggi, solitamente rispondo che so bene quello che fuggo, ma non quello che cerco». Fuggire da una fame o guerra o morte certa per incontrare un mare tempestoso, aguzzini impietosi, una terra ignota, un'accoglienza aggressiva, un'esistenza miserabile: è un po' questo il paradigma comune a molti migranti, così come per noi il modello di ospitalità dominante è spesso soltanto quello della sicurezza. Pur legittima, essa però si allarga a ombrello su tante altre paure o egoismi.
Le conseguenze sono, allora, l'estenuazione dei diritti civili (talora anche solo di quelli "umani"), le politiche restrittive sui flussi, le reazioni protezionistiche, le contraddizioni tra la necessità delle braccia esterne e il rigetto della loro presenza imbarazzante, le forme striscianti di xenofobia ammantate di autodifesa socio-religiosa per renderle meno offensive e così via. A questo riguardo vorremmo suggerire la lettura del romanzo Il fuggitivo del giornalista danese Olav Hergel, una provocatoria ma molto realistica parabola sul fenomeno così come è vissuto nell'ex ospitale Danimarca, vittima delle sue paure e dei rigurgiti nazional-populisti (il volume è tradotto in Italia dalla sempre benemerita Iperborea, pagg. 398, € 17,50, nella nuova collana "Ombre").
Ma la vera sorpresa che vogliamo segnalare ai nostri lettori è nientemeno che un intero dizionario intitolato Migrazioni, allestito con coraggio dalla San Paolo in 156 voci stilate da 123 autori secondo un taglio "socio-pastorale", ma anche ampiamente interdisciplinare, col coinvolgimento della sociologia, della politica, della cultura, della psicologia, dell'economia, il tutto in quasi 1.150 pagine, ricche di dati, analisi e bibliografie. È un'opera veramente originale e inedita che rivela la sensibilità riservata al tema da parte della comunità ecclesiale non solo italiana. Infatti, sono quattro i documenti ufficiali che, a partire da Pio XII nel 1952, passando poi attraverso Paolo VI nel 1970 e nel 1978, giungendo a Giovanni Paolo II nel 2004, vengono illustrati in queste pagine. A essi si aggrega una costellazione di note, orientamenti, proposte, indicazioni offerte da una quindicina di Conferenze episcopali dei più diversi paesi del mondo, mentre – accanto a figure di testimoni appassionati come san Giovanni Bosco o santa Francesca Cabrini o il beato Giovanni Battista Scalabrini (scalabriniano è anche il curatore del dizionario, Graziano Battistella) – sorgeva nel 1988 uno specifico dicastero vaticano, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, attualmente presieduto da un arcivescovo marchigiano, Antonio Maria Vegliò.

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Gli aspetti teologico-pastorali, però, s'intrecciano costantemente con le questioni socio-culturali come l'integrazione, la mobilità, la cittadinanza, la cooperazione, la criminalità, i diritti, le discriminazioni, le espulsioni, la globalizzazione, l'inculturazione, l'interculturalità, la multiculturalità, le politiche e le reti migratorie, il ricongiungimento familiare, la salute, la sicurezza e persino le rimesse dei migranti, le cauzioni ai datori di lavoro, il traffico e la tratta dei migranti, le donne in emigrazione e le ricadute demografiche. Abbiamo voluto abbondare nell'esemplificazione per far comprendere quanto questo sussidio non sia da relegare nel perimetro delle comunità ecclesiali, ma sia da consultare anche in ambito socio-politico (tra l'altro, si allineano varie voci sulle diverse convenzioni internazionali di Dublino, di Ginevra, di Schengen e così via, sulle differenti normative giuridiche e sulle organizzazioni internazionali dedite al problema migratorio).
Certo, non si può ignorare che il tema ha il suo referente spirituale nel testo sacro biblico: esso è tutto costellato di soggetti che rendono l'argomento capitale per la fede cristiana. Basti solo pensare a quegli eventi fondanti che sono l'esodo di Israele, la terra promessa, il pellegrinaggio, l'esilio, la diaspora, la dialettica tra Babele e la Pentecoste gerosolimitana. La radice ultima della genealogia biblica è Abramo, uno straniero che migra da Ur fino alla terra di Canaan; un patto universale lega Dio a Noè, che precede ed eccede l'area etnica ebraica (il "noachismo" è in pratica la teologia delle religioni secondo l'ebraismo); l'antenata del re Davide è un'immigrata moabita; Tobia è un ebreo della diaspora; il profeta Geremia finirà i suoi giorni esule in Egitto; Giona è un renitente "missionario" inviato a stranieri avversari di Israele (gli Assiri di Ninive); il piccolo Gesù è un profugo con la sua famigliola in fuga in Egitto e il cristianesimo non esiterà ad accogliere nel suo grembo subito un centurione romano, Cornelio, così come il diacono Filippo si trasformerà in assistente sociale ed educatore di immigrati e stranieri (si leggano Atti 6,1-6 e 8, 4-25).
Tutto questo e altro si scoprirà leggendo le voci bibliche del dizionario sul quale idealmente campeggiano due grandi motti. Il primo è quello che risuona nella legislazione anticotestamentaria spesso ritenuta allergica al l'universalismo e persino esclusivista: «Vi sarà una sola legge per il nativo e lo straniero residente in mezzo a voi... Quando un forestiero dimorerà presso di voi nel vostro paese, non gli dovrete far torto. Il forestiero dimorante tra voi lo tratterete come uno che è nato tra voi. Tu l'amerai come te stesso perché anche voi siete stati stranieri in Egitto» (Esodo 12,49; Levitico 19,33-34). L'altro motto è lapidario ed è il monito di Cristo ai suoi discepoli: «Ero straniero e mi avete accolto» (Matteo 25,35).
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migrazioni. dizionario socio-pastoralea cura di Graziano Battistella San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) pagg. XXXII+1.118|€ 98,00per approfondire lo straniero o l'unione nella differenza
Michel De Certeau
Vita e Pensiero, Milano
pagg. 210 | € 18,00
Tradotto solo ora in italiano il saggio del gesuita francese è del 1969, ma risulta di grande attualità. Punto di partenza di De Certeau è la crisi delle certezze religiose nella società odierna e la percezione anche di Dio come di uno «straniero».
l'altro siamo noi
Enzo Bianchi
Einaudi, Torino
pagg. 86 | € 10,00
Il «dialogo» è per il priore di Bose un intrecciarsi di linguaggi, di culture, di etiche. Non ha come fine il consenso, ma un reciproco progresso, un avanzare insieme. La questione dell'immigrazione è troppo spesso ridotta, in Italia, in termini di emergenza, tralasciando ogni richiamo alla solidarietà e all'ascolto. Niente di più sbagliato, secondo padre Bianchi, che invita invece a riconoscere che «essere straniero» è parte fondamentale dell'esperienza umana.

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