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Ridateci il futuro

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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 08:20.

Il blogger libico Abdulsalam Shlebak avrebbe voluto unirsi al nostro panel di sguardi sul mondo arabo. Non ha potuto. «Non riesco a prendere la linea, è tutto bloccato. Qui si muore», ci ha scritto via Facebook. In attesa della sua telefonata e di capire se il popolo di Abdulsalam seguirà lo stesso destino di quello di Ahmed, Mansour, Karim, Kamel e Ali, ecco le voci dei protagonisti della rivoluzione. Da ll'Arabia Saudita allo Yemen, dal l'Egitto alla Tunisia fino all'Algeria, ecco gli scrittori, i blogger, gli intellettuali che stanno disegnando il futuro politico e culturale del Medio Oriente e del Nord Africa. /01
ahmed nagi
blogger di Wasa khaialak
Il quadro politico post rivoluzione può essere diviso in quattro categorie: 1) «La generazione dei diritti umani», i giovani cresciuti ispirandosi ai modelli liberali, utilizzando i social network, sognando la libertà
l2) I sostenitori l dei nuovi partiti liberali convinti che solo llegalità e llibertà debbano regolare i ldiritti e il mercato
3) I l seguaci dei Fratelli Musulmani , in corsa lper formare un partito. L'Occidente ha paura di loro, eppure negli ultimi tempi l'organizzazione ha fatto tanti passi av a lnti in senso liberale
l4) I l sostenitori del National Democratic Party, il partito del regime che sta cercando di prendere il controllo ldella rivoluzione.
I l prossimi anni saranno caratterizzati da lla l negoziazione tra queste l anime della piazza. Tuttavia una nuova era è iniziata , segnat la dalla lfine della paura e dal ll'inizio dei diritti umani. Dalle piazze bisogna passare nelle case: uno slogan che ripetiamo è « P lorta la rivoluzione a casa tua, tra le tue sorelle». Con gli artisti del paese stiamo costituendo un movimento per abbattere la censura nel cinema. Tre lanni fa ci sembrava un sogno, adesso è un programma a breve termine.
© RIPRODUZIONE RISERVATA /02
mansour al-hadj
direttore del sito www.aafaq.org In Arabia Saudita i media sono tutti controllati dal regime ma grazie a YouTube, Facebook e Twitter anche qui – seppure con difficoltà – arrivano le immagini e le voci della rivoluzione. I sauditi pensano: «Se possono farlo i nostri fratelli egiziani e libici, possiamo anche noi».

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Tags Correlati: Abdelaziz Bouteflika | Abdulsalam Shlebak | Africa del Nord | Francesco Leggio | Habib Bourguiba | Internet | Mao Tse-tung | Medio Oriente | National Democratic Party |

 

I tentativi di Re Abdallah di contenere la rabbia con finte riforme e qualche spicciolo di carità non basterà a fermare l'onda di proteste. La popolazione adesso sa che ha il diritto di amministrare le proprie risorse, che gli squilibri nella distribuzione delle ricchezze e la corruzione sono il male da sconfiggere. La maggior parte dei cittadini è contro il radicalismo. Quando ero piccolo, anche io vedevo la Jihad come unica soluzione alle ingiustizie: vivevo in un universo chiuso in cui l'unica alternativa di riscatto sembrava il fondamentalismo islamico.
Adesso che, grazie a Internet, il mondo è ovunque – anche in Arabia Saudita ! – sappiamo che le alternative sono molteplici. I giovani vogliono un lavoro, divertirsi, guardare la tv. Sanno che per i loro coetanei occidentali tutto questo è scontato. La domanda che rimbomba è: «Perché non può essere così anche per noi»?
© RIPRODUZIONE RISERVATA /03
karim amellal
scrittore e professore di scienze politiche In Algeria la memoria della guerra civile che ha devastato il paese è ancora viva. La popolazione non vuole un'altra rivoluzione, chiede giustizia e una più equa distribuzione della ricchezza. Ma sa pure che, a differenza degli egiziani o dei libici, può ottenerli anche con il governo di Abdelaziz Bouteflika, se farà le riforme necessarie.
Il fondamentalismo è un fantasma che non fa più paura, la globalizzazione ha mutato gli spiriti, le teste e le aspirazioni dei giovani: l'islam non è più un'alternativa politica. Le nuove generazioni, lontane dalle ideologie, sono informate e individualiste: credono nel potere del mercato, nella globalizzazione e nei social network. La loro lotta è contro l'hagra, parola che indica un mix di povertà, ingiustizia e disprezzo per le elites. Guardano all'Europa e agli Usa come un Eldorado. L'islam non seduce più nessuno in Algeria perché il fondamentalismo ha fallito in passato. Gli intellettuali sono i grandi assenti di questa partita: molti vivono all'estero dal '91 e le loro voci in patria non vengono ascoltate. Il dibattito culturale è povero.
Le università non sono un centro di discussione e produzione di idee. Restano i giornali e, naturalmente, Internet.
© RIPRODUZIONE RISERVATA /04
ali al muqri
scrittore Non vedo alternative alla rivoluzione anche nello Yemen.
Il potere costituito potrebbe salvarsi solo grazie a un'iniziativa politica forte, come la formazione di un governo transitorio di emergenza, espressione di tutte le forze politiche del Paese, senza interferenze da parte del Presidente e finalizzato a nuove elezioni presidenziali. Ma resta una domanda: la strada si accontenterebbe?
I ragazzi in Libia, Egitto, Tunisia non hanno esitato a farsi massacrare per la rivoluzione: perché per i nostri dovrebbe essere diverso?
Nello Yemen abbiamo visto i marxisti unirsi alla preghiera comune con gli esponenti del Partito riformista islamico. Per quanto tattica, speriamo che questa unione sia un primo passo verso una nuova politica di dialogo e fiducia.
È in atto un'apertura nella vita culturale arabo-islamica i cui protagonisti sono i giovani. Questo slancio ha avuto ripercussioni politiche: i social network non sono solo mezzi di comunicazione ma strumenti di riforma diretta della realtà. Ai nuovi politici toccherà adeguarsi al dinamismo della società.
(Ha collaborato Paolo Branca)
© RIPRODUZIONE RISERVATA /05
kamel riahi
scrittore e giornalista culturale Forse un giorno le rivolte in corso contro i regimi verranno ricordate come "La guerra della Tunisia". I popoli arabi non hanno mai vissuto una vera rivoluzione: quelle definite "rivoluzioni" sono stati piuttosto colpi di stato militari.
La gioventù che ha guidato la rivoluzione tunisina su Internet e in piazza è illuminata e istruita: ragazzi di destra e di sinistra, laici e religiosi, che rifiutano gli slogan e non credono né nelle ideologie né nelle personalità carismatiche, ma solo nelle competenze reali dei leader,delusi dalla dinamica politica ma anche dai partiti religiosi.
Anche se a volte diamo l'impressione di essere emotivi, in realtà, siamo un popolo di razionalisti.
Il fondatore della Tunisia moderna Habib Bourguiba diceva che non bisogna credere alle lacrime né ai ricatti sentimentali dei politici.
I giovani di Tunisi, nipoti del bourguibismo, sono assetati di libertà e non vogliono certo consegnarla all'Islam. Guardate le foto delle manifestazioni: nessuna immagine di Che Guevara o di Mao Tse-tung, nessun Gandhi o Khomeini. Sono scesi in piazza per reclamare uno stato laico retto dalla tolleranza, dalla legalità e dalla libertà.
(Ha collaborato Francesco Leggio)
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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