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Questo articolo è stato pubblicato il 02 marzo 2011 alle ore 22:14.

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Dall'Aquila a Genova, terremoto in asta. Salta la vendita dei tesori di Palazzo PicaDall'Aquila a Genova, terremoto in asta. Salta la vendita dei tesori di Palazzo Pica

Dopo tre giorni di esposizione, dal 25 al 28 febbraio, tutto era pronto martedì 1 marzo per l'apertura della stagione. Nella sede genovese della Wannenes Art Auctions a Palazzo del Melograno alle ore 15 del pomeriggio stavano per essere battute le attese aste numero 82 e 83, ma un improvviso colpo di scena ha fatto saltare il programma. Senza spiegazioni. Il giorno dopo un laconico comunicato spiega: «Wannenes Art Auctions ha il dispiacere di comunicare che a causa di imprevedibili e imprevisti accadimenti estranei alla volontà della Società l'asta 82 - Gli Arredi di Palazzo Pica Alfieri - è stata rimandata. Sarà cura di Wannenes Art Auctions comunicare tempestivamente la nuova data».

L'asta 82 riguardava tutti gli arredi dell'avito Palazzo della famiglia Pica-Alfieri dell'Aquila, città pesantemente colpita dal drammatico sisma del 6 aprile 2009. Il palazzo che appartiene alla famiglia Alfieri dal 1685, aveva già subito un disastroso terremoto nel 1703 . Oggi a oltre tre secoli di distanza e dopo un secondo disastroso terremoto che ha danneggiato pareti murarie, solai e volte le coperture, la famiglia ha deciso di liquidare tutti gli arredi: salotti completi di divani poltrone e poltroncine, tavoli e sedie, cassettoni, consolle e credenze. Nonchè la ricca pinacoteca composta da oltre 50 dipinti tra i quali figurano una serie di sei battaglie ad olio su tela di Girolamo Cenatiempo ( stima 36/48.000 euro), la Deposizione, olio su tela, di Pompeo Cesura (stima 20/ 30.000 euro) e uno straordinario gruppo di 11 dipinti di Vasi di fiori di diverse misure eseguiti da Francesco Lavagna (stima 35/50.000) tutti con cornici originali.

Il giallo riguarda proprio i quadri. All'improvviso, a ridosso dell'asta, la Soprintendenza dell'Abruzzo ha deciso di avviare il procedimento per il riconoscimento del notevole interesse storico artistico. Si parla in particolare di otto dipinti: sei raffigurano scene di battaglia e sono attribuiti a Girolamo Cenatiempo, pittore attivo a L'Aquila nel XVIII secolo, sempre dello stesso autore Una Madonna con Bambino e i Santi Massimo e Giorgio, mentre l'ultima opera è un San Pietro Celestino e due Santi di Giulio Cesare Bedeschini, databile alla prima metà del XVII secolo. Opere considerate storicamente rilevanti per le vicende della città dell'Aquila. Cosa comporta l'avvio del procedimento? Che le opere vengono messe sotto tutela pubblica e in caso di vendita scatta un diritto di prelazione da parte del Ministero, della Regione Abruzzo o di altro ente pubblico.

L'allarme dell'ex sindaco
Non c'era alcun sentore nell'aria di una decisione del genere. Navigando in rete si scopre solo un allarme lanciato appena il giorno prima dell'asta dall'ex sindaco dell'Aquila e presidente dell'Anci regionale, Antonio Centi che ha dichiarato: «Ho verificato con allarme attraverso Internet che domani 1 marzo vengono battutti all'asta dalla Casa Wannenes di Genova (www.wannenesgroup.com) una gran quantità ( 83 pezzi) di arredi e dipinti provenienti dal Palazzo Picalfieri dell'Aquila». Per il resto silenzio totale. La Casa d'Asta per ora non rilascia commenti

Regolare l'asta Caracciolo Carafa
Si è svolta invece regolarmente l'asta numero 83, l'unique collection Dalle Collezioni di Edoardo Caracciolo Carafa, che ha registrato una percentuale di venduto del 74,07% per un totale di 508.728 euro. Top lot dei dipinti è stato il Ritratto di Ferdinando IV di Borbone (firmato sul bordo della console Raphael Mengs F.) attribuito alla scuola pittorica napoletana, probabilmente da riferire a Francesco Liani (attivo a Napoli tra il 1740 e il 1777)
battuto a 30.750 euro.

Tra gli arredi un compratore in sala si è aggiudicato a 25.830 euro una coppia di
cassettoni napoletani del XVIII secolo in legni vari con piani in marmo; ugualmente in
sala è stato aggiudicato a 31.980 euro, top lot tra gli arredi, un bel mobile a doppio
corpo (Italia meridionale, XVIII secolo) con intarsi figurativi in legni vari e lo stemma
Caracciolo al centro della ribalta.

Lo stemma molto ambito
I rilanci al telefono e in sala hanno sottolineato l'interesse verso tutti i pezzi recanti lo stemma Caracciolo, esempio ne sono i due grandi servizi in argento che hanno quadruplicato la stima. Poche tra le famiglie dell'aristocrazia italiana hanno goduto di tanta rinomanza per potere, ricchezza, parentele ed influenza politica quanto i Caracciolo - ed il loro ramo Caracciolo Carafa - grazie ad una ricchissima storia privata che non ha mai cessato di intrecciarsi con le vicende del nostro Paese.

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