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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2011 alle ore 08:23.

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La fotografia è spesso finita in tribunale e a far luce oggi su questo aspetto interviene con la forza trascinante di un'arringa la mostra «Controverses. Una storia giuridica ed etica della fotografia» aperta dall'11 marzo al Museo Alinari di Firenze. Sul banco degli imputati e dei testimoni salgono una settantina di immagini selezionate da Daniel Girardin, curatore del Musée de l'Elysée, e da Christian Pirker, avvocato del Diritto dell'Arte. Un bacio naturalmente scandaloso apre il processo, ed è l'"Amore illibato" di Oliviero Toscani che nel 1992 ritrae un giovane sacerdote e una castissima monaca, uniti dalla promessa di eterno celibato. Tuoni in Vaticano, la foto scompare, le domande restano. Quali sono i limiti della trasgressione e della censura? E toccando le tematiche degli altri scatti in mostra, dove inizia il diritto di cronaca e quello di privacy? E vista la sua duttilità mercenaria, possiamo fidarci dell'immagine fotografica?
Lewis Hine, pioniere nell'utilizzo della fotografia quale strumento di indagine sociale, ci contava. Nel 1938 i suoi reportage dedicati ai bambini sfruttati nelle fabbriche sono la prova inconfutabile per l'approvazione della legge a tutela dei lavoratori. Per la prima volta la fotografia viene utilizzata con successo nella difesa dei più deboli. Ma se la carta ai sali d'argento salva da morte sicura migliaia di giovani vite, dall'altra parte, in Unione Sovietica, collabora all'orrore delle purghe. Le quali, dopo lo sparo dell'esecuzione, proseguono in silenzio eliminando anche dalle fotografie le tracce del nemico, come racconta Michele Smargiassi nel suo bel saggio Un'autentica bugia, edito da Contrasto. In un'istantanea degli anni 30 Stalin passeggia insieme a Molotov e a Iejov, responsabile della polizia segreta, sostituito nel 1938 da Beria. Due anni dopo Iejov viene fucilato, un abile ritocco e sparisce anche dalla foto, quasi non fosse mai esistito. Ma cosa succede quando i corpi scompaiono in diretta tv? Nel 1985 in Colombia l'eruzione del vulcano Nevado del Ruiz inonda di fango interi villaggi. Ad Armero, Frank Fournier fotografa una delle tante vittime, Omayra Sanchez, imprigionata nei detriti. Il suo sguardo innocente implora aiuto, eppure non c'è nulla da fare e dopo un'agonia di sessanta ore la bambina muore. L'immagine simbolo, a dispetto delle riprese televisive, è quella di Fournier. Davanti ai giudici dell'opinione pubblica, l'accusa si chiede fino a che punto si possa mostrare il dolore. Risposta della difesa: ci ricorderemmo della tragedia di Armero se questa fotografia non ci avesse sconvolto?
Le controversie coinvolgono ogni genere fotografico. Nel 1975 Gary Gross, fotografo di moda, ritrae Brooke Shields nuda nella vasca da bagno, previo accordo con la madre della giovanissima modella. Sei anni dopo l'attrice denuncia il fotografo per danni alla sfera privata, ma la corte respinge perché esiste un contratto e perché le immagini «non sono sessualmente suggestive», nonostante il trucco pesante e l'olio che fa risplendere ogni centimetro di pelle. Non tutte le cause sono a lieto fine, però. Il 30 luglio 1898 Max Priester e Willy Wilcke si introducono furtivamente nella casa di Otto von Bismarck e fotografano il cancelliere sul letto di morte. La notizia dello scoop è pubblicizzata su un giornale e le immagini sono cedute per una somma pari a 300mila dollari al «Deutscher Verlag». La famiglia Bismarck impone il sequestro delle fotografie e denuncia i fotografi per effrazione e violazione di proprietà privata. Risultato, i due "paparazzi" vengono condannati a diversi mesi di carcere duro. Si consiglia vivamente a Fabrizio Corona la visione di questa mostra.
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Firenze, Museo Alinari Fotografia Dall'11 marzo al 6 giugno
controverses. una storia giuridica ed etica della fotografia

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