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Questo articolo è stato pubblicato il 09 marzo 2011 alle ore 15:39.
Joseph Ratzinger ce l'ha fatta. Giovedì 10 marzo uscirà il secondo volume dell'opera dedicata a Gesù di Nazaret, culmine della sua attività di teologo nella Chiesa cattolica. Un'opera che si presenta come una trilogia (manca ancora il volume dedicato ai vangeli dell'infanzia), ma di cui la sezione appena pubblicata è decisamente centrale dal punto di vista del valore e del significato.
Ratzinger aveva già dato alle stampe nel 2007 il primo libro, dedicato al ministero pubblico di Gesù, mentre quello in uscita ora tratta degli eventi decisivi della passione, morte e risurrezione del rabbi di Nazaret, cuore dell'annuncio della fede cristiana. Come precisato dallo stesso pontefice, il libro non è un atto del magistero cattolico, ma vuole essere espressione della «ricerca personale del volto del Signore» da parte del teologo Ratzinger. È chiaro però che un libro pubblicato dal pontefice non può essere archiviato come uno dei tanti testi di teologia biblica che affollano gli scaffali delle università e delle librerie specializzate, ma è inevitabilmente – come fu nella prima occasione – destinato a far dibattere e a suggerire una linea interpretativa con la quale gli studiosi dovranno entrare in contatto, magari anche dialetticamente. Anche perché, come ben fanno cogliere già solo gli estratti diffusi prima dell'uscita del testo, Joseph Ratzinger non esita a prendere posizione a favore di una tesi piuttosto che di un'altra, a dar ragione a uno studioso piuttosto che a un altro, facendo nomi e cognomi nella massima trasparenza. Emblematico il caso dell'ultima cena di Cristo, che il pontefice, in accordo con il Vangelo di Giovanni e con il grande esegeta cattolico John Meier (autore della monumentale opera Un ebreo marginale), definisce come non-pasquale.
Che la questione-Gesù sia al centro dell'interesse di Joseph Ratzinger è testimoniato anche da un'operazione inedita, che serve proprio a diffondere il più possibile la conoscenza di questo libro anche presso il pubblico televisivo: l'accordo stabilito con la Rai e la trasmissione religiosa "A sua immagine", alla quale il papa rilascerà un'intervista su Gesù (registrata) che verrà diffusa in tv proprio il Venerdì Santo intorno alle ore 15 (l'ora in cui, secondo i vangeli, sarebbe morto Cristo).
Il papa ha sempre dichiarato (anche nel suo recente libro-intervista "Luce del mondo") che la figura di Gesù Cristo sta al cuore della sua spiritualità di religioso e di teologo. Questa affermazione è stata da lui dimostrata svariate volte nella sua produzione saggistica e anche nella sua attività di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Emblematica fu la dichiarazione Dominus Jesus "circa l'unicità e l'universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa", che provocò alcuni maldipancia ai fautori di un ecumenismo senza barriere e fece sospirare di sollievo il cardinale Giacomo Biffi (che comunque non rinunciò a una delle sue folgoranti battute: si era mai reso necessario in duemila anni di cristianesimo ribadire che Gesù Cristo è fondamentale per la salvezza dell'uomo?).
La genesi della fatica letteraria di Ratzinger (che ha dichiarato di sfruttare ogni momento libero dai suoi impegni pontifici per studiare e scrivere) va rintracciata nel suo desiderio di portare un contributo significativo in un contesto culturale in cui le fondamenta storiche delle origini cristiane e la stessa questione della storicità di Cristo vengono aggredite da molti lati. Una percezione viva nei settori più dinamici della Chiesa cattolica ma forse non ancora adeguatamente passata nella maggior parte del clero e dell'episcopato. Una percezione ben presente, invece, nella mente di papa Joseph Ratzinger.
Da quali lati arrivano gli attacchi alla figura storica di Gesù Cristo che preoccupano il papa? Da un lato studi e ricerche (anche qualificate) soprattutto di matrice anglossassone (ma non solo), che mirano a decostruire l'immagine tradizionale delle origini cristiane con metodologie scientifiche; dall'altro un'esplosione di contenuti mediatici che riportano (a volte in maniera acritica o grossolana) estratti di questi studi rilanciandoli al di fuori dei protetti ambienti universitari e dandoli in pasto al grande pubblico.
Un esempio lampante è quello del Jesus Seminar, che ha riunito negli Stati Uniti dagli anni Ottanta circa 150 specialisti in scienze bibliche e ha adottato un metodo di votazione con palline colorate per stabilire una visione collettiva sulla storicità di Gesù, in particolare riguardo a ciò che può o non può aver detto e fatto in quanto figura storica. Un procedimento "democratico" (molto simile a quello dei filosofi del circolo di Vienna) che non ha però potuto riconsegnare una visione chiara e condivisa del Gesù storico. L'esperimento è stato ora ripreso da The Jesus Project.
In campo italiano è molto attivo il prof. Mauro Pesce dell'università di Bologna, autore, insieme al giornalista Corrado Augias, del fortunato libro Inchiesta su Gesù, nel quale esprimeva in maniera divulgativa le sue tesi frutto di anni di ricerca storica indipendente. Pesce, autore anche de Le parole dimenticate di Gesù e di L'uomo Gesù. Luoghi, giorni, incontri di una vita (scritto con l'antropologa Adriana Destro), lavora tenendo in considerazione in egual modo tutti gli scritti più antichi del cristianesimo nascente (canonici e apocrifi), rifiutando l'idea di studiarli all'interno del canone del Nuovo Testamento (che sarebbe una riclassificazione molto posteriore alle origini cristiane), ma confrontando minuziosamente i testi con i reperti archeologici, sulla base di una metodo che si allarga fino a comprendere la sociologia e l'antropologia culturale del mondo antico palestinese.
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