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Questo articolo è stato pubblicato il 11 marzo 2011 alle ore 06:41.

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Sarà una commedia corale, come è consuetudine di Paolo Virzì. Solo che questa volta siamo a teatro. Dal 15 marzo l'Eliseo di Roma ospita il primo spettacolo teatrale del regista livornese, Se non ci sono altre domande. Protagonista
Silvio Orlando, alias Michele Cozzolino, ordinario impiegato di una grande azienda, che, senza sapere perché, si trova ospite di un programma televisivo dove sarà bersagliato dalle domande invadenti e feroci di pubblico e giornalisti che lo costringono a fare i conti col proprio passato.

Com'è lavorare con Virzì su un palcoscenico?
Mi hanno colpito l'impegno e la generosità con cui ha cercato di capire e risolvere i problemi del teatro, dove porta lo stesso sarcasmo che è il suo tratto distintivo.
Da mesi assistiamo a un proliferare di volti del cinema nei teatri: come mai?
È inutile negarlo: è in parte un segno della crisi del cinema: meno soldi significa meno produzioni, perciò molti attori, per tenersi in attività, accettano parti a teatro. Io ho sempre incrociato i diversi percorsi: credo sia salutare ogni tanto tornare al teatro, che dà più possibilità di fare ricerca e passi avanti nel nostro mestiere.

Come cambia recitare a teatro o al cinema?
Non ci sono grandi differenze. Però credo che forse a teatro si vada anche per riconoscere l'attore con alcune sue caratteristiche peculiari, che al cinema non sempre emergono, perché sono diluite nel racconto o nel personaggio.

Veniamo allo spettacolo: chi è Michele Cozzolino?
Un uomo come tanti, che appare negativo perché, nel momento in cui fa i conti con se stesso, vengono fuori i suoi aspetti più meschini. Ma alla fin fine non è diverso da molti di noi e credo che il pubblico lo capisca e perciò non lo condanni.
Il contesto è molto attuale: l'invadenza della tv, la messa in piazza di vicende private...
Il teatro ha bisogno di una nuova energia, per tornare a essere quel luogo di dibattito e confronto che non è più da tempo. In Italia c'è poco spazio per la nuova drammaturgia. Invece io credo che ci sia bisogno di trovare parole nuove da dire.
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