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Questo articolo è stato pubblicato il 13 marzo 2011 alle ore 17:49.

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Anteprima delle celebrazioni a Novara per il 150° dell'Unità d'Italia, venerdì 11 marzo a Palazzo Bellini – luogo dell'abdicazione di re Carlo Alberto la sera del 23 marzo 1849 e oggi sede di rappresentanza della Banca Popolare di Novara – con la presentazione dell'opera "Risorgimento a Novara: lo sviluppo della città nell'Ottocento" a cura di Paolo Cirri, testi introduttivi di Alessandro Barbero e Sebastiano Vassalli, più di 100 illustrazioni e un'appendice di foto d'epoca inedite (edizioni Interlinea, € 30,00).

Il volume di grande formato, grazie a un'attenta ricerca iconografica nei maggiori archivi, delinea lo sviluppo e l'identità moderna di Novara e del suo territorio a partire da eventi, personaggi e situazioni del Risorgimento, un'epoca che ha lasciato tracce durature per la città, dai palazzi del centro storico alla cupola antonelliana della basilica di San Gaudenzio. Gli estremi temporali dello studio sono compresi fra il 1815 (fine dell'epoca napoleonica e inizio della Restaurazione) e il 1870 (presa di Roma): «Questo periodo – ha spiegato il curatore dell'opera Paolo Cirri - registra infatti il decisivo salto di qualità di Novara da semplice borgo, pur capoluogo amministrativo e militare, a vero centro urbano, motore di attività commerciali e produttive, di crescita edilizia, sede di istituti di istruzione e luogo di promozione sociale».

Per Alessandro Barbero il Risorgimento «fatto paradossalmente da una generazione di uomini che, come Carlo Alberto e Cavour, parlavano il francese meglio dell'italiano» proiettò il Piemonte nel ruolo «incomodo» di motore dell'unità italiana, perché al di là delle celebrazioni propagandistiche «quel ruolo suscitò fin dall'inizio critiche e rancori». Ma «il favoloso decennio di Cavour – aggiunge Barbero - quando i tassi di crescita del Pil erano paragonabili a quelli della Cina d'oggi (...) è forse l'unica epoca della storia in cui Novara è davvero vicina a Torino e lontana da Milano, in cui il Ticino è davvero una frontiera, giacché la rete ferroviaria, progettata separatamente da due governi nemici, si guarda bene dall'attraversarlo».

Molto particolare, e apprezzato dal pubblico, il contributo di Sebastiano Vassalli sui sette novaresi che seguirono Garibaldi nella sua impresa più famosa, la spedizione dei Mille: uno di loro morì nella battaglia di Calatafimi il 15 maggio 1860 a ventitré anni, dove un altro vi rimase ferito, ma «tutti questi giovani – aggiunge lo scrittore – volevano cambiare il mondo, per farlo diventare migliore; se vivessero oggi, forse, si dedicherebbero al volontariato in Africa».

Una citazione a sé merita invece il libro "Vive l'Italie" di Alberto Toscano, giornalista e scrittore nato a Galliate (Novara), sulla sponda piemontese di quel fiume Ticino già confine fra Regno di Sardegna e Impero d'Austria, che vive e lavora a Parigi dal 1986 ed è presidente del Club de la presse européenne. Pubblicato in francese da Armand Colin (€ 19,00), Toscano racconta la storia dell'Unità d'Italia vista dai nostri cugini d'Oltralpe, ricostruita attraverso la stampa quotidiana popolare e illustrata dell'epoca. «Il conflitto del 1859 – spiega - coincide con la nascita del reportage di guerra; non è un caso che la Croce Rossa sia stata creata proprio in seguito alla battaglia di Solferino, una carneficina mostruosa. Gli inviati avevano per la prima volta al seguito anche illustratori e disegnatori, così l'immagine sui giornali diventa un fenomeno molto diffuso: praticamente anticipa la televisione».

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