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Questo articolo è stato pubblicato il 18 marzo 2011 alle ore 06:40.

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Torna il sorriso, anche se su cauzione, nel mondo dello spettacolo, dopo il «veni, vidi e capii» con cui Giulio Tremonti mercoledì sera, in un incontro al teatro dell'Opera con il sindaco di Roma Gianni Alemanno e il maestro Riccardo Muti, ha preso atto della difficile situazione del settore con gli ulteriori tagli al Fus, il fondo unico per lo spettacolo. L'annuncio del congelamento di altri 27 milioni sui complessivi 258, aveva suscitato la reazione plateale e fatto dissotterrare l'ascia di guerra a personaggi di peso, e tutt'altro che estremisti, come Riccardo Muti appunto, Daniel Barenboim, Bruno Cagli, Antonio Pappano, Sergio Escobar, e non ultimo l'archeologo Andrea Carandini, che si è dimesso dalla presidenza del Consiglio superiore dei beni culturali. Ciascuno, come spiega Escobar nella sua lettera al ministro, ha levato la propria voce dichiarando la propria incapacità a tenere viva la cultura italiana in queste condizioni disperate, senza pensare al proprio particulare, ma avendo a cuore la situazione complessiva, che si sarebbe compromessa irreparabilmente.
«È un fatto nuovo, positivo, voglio crederci», ha detto Walter Vergnano, sovrintendente del teatro Regio di Torino, commentando la frase di cesariana memoria del ministro del Tesoro –. Se il reintegro del fondo arriva alla soglia del 2010 di 415 milioni, al di sotto della quale non si può andare, possiamo finalmente azzerare le polemiche e segnare sul nostro calendario il giorno 1 del mondo dello spettacolo». Vergnano pone due condizioni: che questo budget minimo non venga messo in discussione ogni anno e che il Governo, assieme al mondo dello spettacolo e dei sindacati, in tempo brevissimo trovi la quadra per un nuovo contratto nazionale che dia ai teatri efficienza e stabilità.
Anche Francesca Colombo, sovrintendente del Teatro del Maggio Musicale fiorentino – ora in Cina, dopo una tournée in Giappone, a confermare che la musica italiana è un brand riconosciuto a livello internazionale – saluta con gioia l'apertura di Tremonti. «È la migliore notizia che potesse arrivare a compensare queste giornate difficili – ha sottolineato Colombo – tra l'altro nel giorno del 150esimo. Ma soprattutto è fondamentale che si sia capito che la cultura è un bene troppo importante per lo sviluppo di un paese». Colombo concorda con la riflessione di Vergnano sul contratto nazionale e aggiunge: «Ora anche una vera riforma delle fondazioni liriche».
Filippo Cavazzoni, direttore editoriale dell'istituto Bruno Leoni, ha molto lavorato su questa riforma in un gruppo che dovrebbe divenire presto commissione ufficiale. «La legge Bondi – spiega Cavazzoni – deve ora dotarsi di provvedimenti attuativi sull'autonomia delle fondazioni e poi scrivere un regolamento più corposo sull'intero comparto dello spettacolo, se no rischia di diventare una scatola vuota. In particolare c'è un problema legato al contratto collettivo: il 70% dei fondi sono usati dalle fondazioni per coprire i costi del personale. Gli addetti delle 14 fondazioni liriche sono 5.600, un numero sovradimensionato. Il decreto per ora prevede il blocco delle assunzioni. La legge dovrebbe permetterle solo a chi ha i conti in ordine, a chi incentiva le ecoproduzioni, agli enti virtuosi».
Concetto, a cui tiene molto anche Antonio Cognata, sovrintendente del teatro Massimo di Palermo, che in cinque anni ha risanato un buco da 26 milioni e mezzo di euro, chiudendo ogni anno il bilancio in positivo. «La distribuzione dei contributi non può avvenire a pioggia, deve esserci un criterio meritocratico». Anche per Cognata devono cambiare le regole di funzionamento, l'organizzazione delle produzioni, devono essere disciplinati gli orari di lavoro. Vede comunque con occhio positivo la disponibilità del ministro del Tesoro: «Finalmente qualcuno ha spiegato a Tremonti il disastro colossale che sarebbe potuto succedere con quel budget: nessuno dei teatri sarebbe sopravvissuto. Quel reintegro è imprescindibile». Non tutti cantano però ancora vittoria. «Tremonti si è impegnato, bisogna vedere se ai propositi seguiranno i fatti – continua Cavazzoni –. Bondi si era impegnato tante volte... E poi bisogna capire l'entità dell'eventuale reintegro». Per ora in dotazione al Fus ci sarebbero 231 milioni, visto il taglio recente di ulteriori 27 milioni. Per arrivare a 415 milioni, indicato da tutti i sovrintendenti come tetto minimo di sopravvivenza, la compensazione dovrebbe essere di 184 milioni.
Anche Paolo Protti, presidente dell'Agis, l'associazione generale italiana spettacolo, mette le mani avanti e riferendosi alla frase di Tremonti, sottolinea: «Promessa è una parola grossa. Ha detto che avrebbe fatto. Io ci spero, è un segnale importante, perché potremmo uscire da questa gravissima situazione, ma sono come San Tommaso, fino a che non vedo...». Il presidente dell'Agis ribadisce che l'impoverimento non riguarda solo la lirica, ma tutto il settore in generale. «Soffrono anche il teatro di prosa e il cinema. Ieri assistevo alle cerimonie per i festeggiamenti del 150esimo anniversario dell'unificazione dell'Italia a Roma – conclude Protti –; venivano proiettate immagini giganti di personaggi italiani celebri nel mondo. C'erano centinaia di persone, stranieri soprattutto, che quando passano i nostri attori e i nostri registi scattavano foto, lasciando scappare espressioni di stupore. Questo ci deve fare capire che noi siamo l'eccellenza nel mondo dello spettacolo, che anche questo è un brand impareggiabile con ricadute economiche importantissime sul territorio».
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