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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 16:37.

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Andrea Mantegna (Padova, 1431 ca. – Mantova, 1506) Allegoria della caduta dell'umanità dominata dall'Ignoranza (Virtus Combusta), 1490-1506 caAndrea Mantegna (Padova, 1431 ca. – Mantova, 1506) Allegoria della caduta dell'umanità dominata dall'Ignoranza (Virtus Combusta), 1490-1506 ca

Una mostra da non perdere. Spettacolare per l'importanza delle opere esposte – cioè un'antologia mozzafiato di tutti i più grandi disegni italiani del Quattrocento – e unica nel suo genere in quanto basata su due dei nuclei di disegni italiani antichi più ricchi al mondo: il Gabinetto degli Uffizi di Firenze e il British Museum di Londra.

Cento fogli che tolgono il fiato
Dopo una tappa londinese salutata da un eccezionale successo di pubblico, quest'antologia di cento fogli capaci di togliere il respiro (con opere dell'Angelico, di Lippi, Pollaiolo, Verrocchio, Botticelli, Perugino, Ghirlandaio, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Pisanello, Mantegna, Bellini, Carpaccio e Tiziano, tanto per citare qualcuno) approda agli Uffizi di Firenze e qui resterà fino al 12 giugno (curatori Hugo Chapman e Marzia Faietti; catalogo Giunti).

A cosa servivano i disegni?
La rassegna non offre solo l'estasi estetica ma anche l'occasione per imparare qualcosa. Ad esempio, a che cosa servissero i disegni. Premessa: nessun disegno venne mai concepito per l'uso che ne facciamo oggi, cioè incorniciarlo e appenderlo a un muro. Michelangelo, che teneva i suoi fogli pudicamente nascosti alla vista di estranei, sarebbe inorridito nel vederli appesi ai muri degli Uffizi. Ma allora a che cosa servivano questi fogli? Servivano innanzitutto come magazzini di idee, come preziose riserve di motivi figurativi utili nella produzione di opere pittoriche, nonché quale bene prezioso da trasmettere a figli e allievi di bottega. Tipici, in questo senso, erano i disegni di animali e uccelli di area lombarda tramandati come repertori di motivi utilizzabili nelle opere pittoriche o nei manoscritti miniati. Grazie a quest'uso di bottega, molti disegni furono incollati in grandi libri e amorevolmente collezionati nei secoli. E così sono giunti sino a noi.

I disegni potevano anche essere dei regali che artisti facevano ad altri artisti o a committenti; oppure erano legati ai ritratti: nei fogli si coglievano dal vivo volti e panneggi che poi servivano alla composizione del quadro in bottega. La mostra insegna che vi erano anche disegni fatti per essere allegati ai contratti delle opere di pittura e architettura: servivano per mostrare a chi firmava come sarebbe stato più o meno l'esito finale. Spesso – soprattutto tra artisti – i disegni sostituivano le lettere: persone o paesaggi venivano disegnati invece di essere descritti a parole (il disegno illustrato sopra appartiene a questa categoria).
Poi, c'erano i disegni del tirocinio artistico, legati cioè all'apprendistato nella bottega e alla preparazione di opere finite. Le copie (ad esempio di statue antiche) rientrano in questa sezione. Ma gli artisti non disegnavano solo soggetti aulici: in mostra apprendiamo che loro compito era anche quello di progettare – come moderni designer – scudi, brocche, bicchieri, arazzi, ricami, architetture effimere per feste di corte eccetera.

La preparazione dei dipinti, infine, imponeva una grande attività grafica preliminare. Ci volevano tantissimi disegni: bozzetti preparatori, studi di dettagli e di insieme, disegni finiti e la loro trasposizione sui cartoni. Un sacco di bellissima carta.

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