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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2011 alle ore 08:22.

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«Via facendo, troverà alla sua destra il tempio valdese, e lì subito, per mò di dire, a due passi, la nuova chiesa cattolica innalza al cielo la punta del suo campanile di stile lombardesco. È una curiosa vicinanza, e quando proprio là dietro sarà innalzata la sinagoga degli israeliti non ci mancherà più che una cupola e una moschea nei pressi per dimostrare che in una città del dì d'oggi, a dispetto degli intolleranti, ognuno può adorar Dio a modo suo in santa pace». Così lo scrittore Edmondo De Amicis descriveva il pluralismo religioso di Torino.
Era la fine dell'Ottocento e l'immigrazione musulmana ancora non si palesava, per lo meno non nelle dimensioni dei nostri tempi, con 30mila musulmani nel capoluogo piemontese. Nel frattempo la sinagoga è stata eretta, a due passi dal tempio valdese e da una chiesa cattolica. E la profezia di De Amicis si sta avverando: la moschea sta per essere costruita, tra mille polemiche: sono in tanti a non volerla, c'è chi insinua persino che i finanziamenti provenienti dal Marocco siano già finiti, nelle tasche di ignoti.
Nel saggio La guerra delle moschee – pubblicato da Marsilio in collaborazione con Reset – il sociologo delle religioni Stefano Allievi affronta il difficile tema del pluralismo e dei conflitti religiosi in Europa (sulle differenze da paese a paese si veda European Multiculturalism Revisited, a cura di Alessandro Silj, direttore di Ethnobarometer, Zed Books, Londra, pagg. 264, £19,99). Nel caso del Regno Unito, spiega Allievi, i conflitti sono ridotti perché molte «sono in quartieri ad alta concentrazione di immigrati, abitati da una popolazione con scarsa capacità di negoziazione, in cui le moschee contribuiscono a migliorare l'immagine».
Dopo aver esaminato diversi casi, Allievi documenta quanto il conflitto sia meno intenso e frequente laddove l'islam è istituzionalizzato e i musulmani godono di maggiori diritti, mentre è più forte dove sono presenti imprenditori politici dell'islamofobia come la Lega Nord e i partiti di estrema destra; con il passare degli anni, le nuove generazioni si integrano e l'islam perde la connotazione di estraneità, ma non è detto che i conflitti diminuiscano. Molto dipenderà dai comportamenti dei musulmani, che dovrebbero evitare di "importare" imam privi di conoscenze, anche linguistiche, delle società europee in cui si trovano a operare. Altrimenti si incoraggia il separatismo tipico del multiculturalismo da cui hanno recentemente preso le distanze il premier britannico David Cameron e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Anche se, commenta puntuale Allievi, «il multiculturalismo avrà anche fatto il suo tempo nel Regno Unito ma in Germania, fatta forse eccezione per Berlino, non c'è mai stato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA la guerra delle moschee Stefano Allievi Marsilio, Venezia pagg. 186|€ 12,00
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