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Questo articolo è stato pubblicato il 14 aprile 2011 alle ore 14:40.

«Viviamo una condizione di incomunicabilità sociale diffusa e sempre più evidente, con un piede nel passato e un altro nel futuro. Ma il nostro tempo richiede assoluta consapevolezza e un senso del presente come regalo di cui far tesoro. Dobbiamo prendere atto che l'uomo è l'unico elemento determinante rispetto allo sviluppo di qualunque idea»
Creando il modernismo siamo stati abbastanza intelligenti da differenziare il mondo mitico e capire che arte, morale e scienza non erano la stessa cosa e che avevano bisogno di posizioni distinte. Ma non siamo stati intelligenti abbastanza da apprezzare ciascuna di esse e da integrarle in maniera equa nel nostro mondo postmoderno. Abbiamo invece accettato la dominazione di una delle tre, sminuito la capacità umana e creato un mondo completamente dominato dalla logica esterna della scienza, un mondo che pertanto è superficiale e piatto. Perché?
Marcel Wanders, designer, Amsterdam
Mi piacerebbe progettare una molecola in grado di essere un superconduttore a temperatura ambiente. Né io né tutte quelle persone che sostengono di avere teorie praticabili sanno come procedere… Qui c'è qualcosa da imparare sui limiti della scienza e sulla propensione degli scienziati a esagerare il loro grado di comprensione. Che fare?
Roald Hoffmann, premio Nobel per la chimica, New York
Considerata la più grande "modifica di condizioni" del secolo (la rete) e la conseguente trasmissione di informazioni in forma di flussi di particelle: come dovremmo relazionarci ai nostri meta-ricordi intesi come la capacità del web di serbare informazioni della nostra vita che sempre più spesso noi stessi dimentichiamo? È rischioso dare la nostra memoria in appalto?
Ivan Olita, veejay, conduttore televisivo, attore, Milano
Quali altri mondi possiamo esplorare per dare ancora un significato al nostro fare?
Antonia Astori, designer, Milano
Se ogni designer dovesse decidere tra natura e artificio, da che parte staresti?
Marcus Fairs, direttore di Dezeen, Londra
Si può progettare qualcosa - oggetti, mobili, veicoli, case, città - che ci restituisca alla nostra stessa animalità senza che questo significhi necessariamente ferinità o aggressività, bensì voglia di vivere in uno stato di natura più vicino alle nostre pulsioni più intime? L'attuale progettazione tiene conto di questo?
Marco Belpoliti, scrittore e saggista, Milano
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