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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:24.

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Molta acqua filosofica e scientifica è passata sotto i ponti da quando Thomas Nagel, nell'ormai lontano 1974, notava come fosse la coscienza a rendere il problema mente-corpo «davvero difficile da affrontare». Eppure per molti versi la situazione non sembra essere cambiata: nonostante i progressi della scienza della mente, il rapporto che sussiste tra funzioni cerebrali ed esperienza soggettiva mantiene un carattere misterioso ed elusivo. Questa sfida al naturalismo implicito in molta neurofilosofia contemporanea ha fatto talvolta dimenticare che il fenomeno della coscienza tocca questioni che vanno oltre la pur importante natura del rapporto mente-corpo. A questa dimenticanza rimedia ora Pietro Perconti, con una breve ma ricca e meditata introduzione ai tanti aspetti della coscienza umana che sono meritevoli di attenzione non solo per il loro impatto metafisico ed epistemologico (la coscienza è un fenomeno naturale? È un fenomeno fisico? È un fenomeno spiegabile dalle neuroscienze?), ma anche per loro conseguenze etiche e sociali. Interrogarsi sulla natura della coscienza, significa infatti inoltrarsi nei confini tra la vita e la morte, o tra ciò che è persona e ciò che non lo è, affrontare il rapporto tra essere umani e altri animali, decidere su chi sia tributario di diritti e rispetto.
Senza trascurare il problema dei qualia e la presentazione dell'evoluzione storica del concetto di coscienza dal pensiero greco ai giorni nostri (sviluppato con una insolita ricchezza di particolari, specie per le fonti antiche), il volume si segnala per il peso attribuito dall'autore al tema della natura intersoggettiva della coscienza. Non solo quest'ultima ha un ruolo essenziale nella cognizione sociale, ma la sua genesi e il suo sviluppo avvengono in un contesto interpersonale che ne influenza struttura e funzioni. Occuparsi di coscienza, a questo punto, significa dover tracciare un ponte tra scienze umane e scienze naturali: «La comprensione della coscienza ha bisogno delle scienze sociali almeno quanto avrebbe bisogno di una scienza rigorosa dell'esperienza in prima persona». Questa osservazione, pienamente condivisibile, pone una sfida ardua alla comunità scientifica, quella di realizzare con flessibilità e spirito innovativo luoghi che favoriscano l'incontro tra linguaggi e competenze differenti; un problema forse più arduo che altrove in Italia, a causa delle rigidità strutturali e normative del nostro sistema della ricerca.
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