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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:24.

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Il Negozio Olivetti disegnato da Carlo Scarpa nel 1958 e ora affidato in gestione al Fai, Fondo per l'Ambiente ItalianoIl Negozio Olivetti disegnato da Carlo Scarpa nel 1958 e ora affidato in gestione al Fai, Fondo per l'Ambiente Italiano

Quest'anno Pasqua arriva prima a Venezia. Il 20 aprile si celebra una «resurrezione» laica e speciale, quella del negozio Olivetti in piazza San Marco, incunabolo prezioso dell'architetto veneto Carlo Scarpa (1906-1978), sottratto per un soffio alla distruzione dell'indifferenza, ai guasti del tempo e al l'insidiosa insistenza della natura.

Festeggia giustamente il Fai, che ha riconquistato alla memoria un altro pezzo della Bell'Italia; esultano tutti quelli che in questi anni si sono spesi in campagne di pressione per salvare da un destino immeritato uno dei primi capolavori del maestro italiano che Francesco Dal Co, una volta, ha definito «l'ultimo eroe del nostro Novecento».

Il più emozionato per l'evento del recupero è però Tobia Scarpa, che dal padre ha ereditato una proverbiale sapienza costruttiva, quella che sa riconoscere la grandiosa presenza di Dio nel più remoto e minuscolo dettaglio.

«Il negozio Olivetti – ha detto – è uno dei pochi lavori di mio padre a cui io abbia contribuito. Quando fu inaugurato nel 1958 tutto era nuovo e lucido, perfetto, non vi era la patina del tempo né quella della salsedine che è una peculiarità di Venezia. Adesso è di nuovo tutto in ordine, e sono stati ritrovati i colori originali: questo recupero lo fa vibrare di più. Oggi, si può percepire la scelta cromatica dello stucco veneziano che papà aveva fatto mettere nelle partiture dei parapetti come qualcosa di necessario, mentre prima questo valore non veniva percepito come importante proprio perché nella natura stessa della cosa. Sembrava essere semplicemente un colore giusto, gradevole e bello, in realtà era un colore straordinariamente necessario: faceva vibrare tutto lo spazio nei confronti della luce. Senza il restauro non sarebbe stato possibile capire questa qualità di scelta nella complessità degli elementi».

Il restauro, dunque, come occasione per ripercorrere dall'interno della materia stessa il miracolo di un'architettura che, nella sua stagione d'oro – quando era punto obbligato delle escursioni veneziane di artisti , critici e intellettuali di tutto il mondo – sorprendeva proprio per la sua quasi naturale perfezione e nascondeva dietro l'armonia dei colori, il mélange dei materiali, il fluido trascorrere degli spazi, la terribile prova cui Scarpa si sottometteva ogni volta che intraprendeva un progetto e ne abbracciava con pazienza infinita le difficoltà e la sfida.

Questa, nel 1957, gli era stata presentata da Adriano Olivetti nella maniera di un gentile invito: «Vorrei da lei un biglietto da visita dell'Olivetti nella più bella piazza del mondo!». Il committente era per gli architetti in odore di santità: non solo produceva le macchine da scrivere più eleganti del mondo, ma si era costruito il ruolo di imprenditore umanista. Negli anni 30 Olivetti aveva già segnato, con la fabbrica di Ivrea, un punto cruciale del razionalismo italiano, ma nei due decenni della ricostruzione aveva avviato una nuova strategia della qualità, con l'apertura nel mondo di showroom che testimoniassero la straordinaria energia creativa della via italiana alla globalizzazione. A Venezia il compito di Scarpa venne reso difficile dal doversi misurare con un contesto prestigioso e grondante di storia come la Piazza di San Marco, anche dall'angustia nelle dimensioni del negozio – 21 metri di profondità per 5 di larghezza – per giunta poco illuminato e diviso in due vani da una parete.

Per misurare il "miracolo" compiuto da Scarpa bisogna partire da qui: dalla sua capacità di trasformare lo spazio in una dimensione psicologica, e di intravvedere la trasformazione dell'ambiente in una scatola luminosa (inattesa per chi proviene dall'ombra del portico), modulata in un'infinita varietà di timbri accentuati dalla scultura di Alberto Viani che attende i visitatori all'ingresso sulla sua fluida base d'acqua scavata nel marmo nero del Belgio.

Varcata la soglia, la prospettiva inattesa blocca letteralmente il fiato: i gradini scolpiti della scala "volante" e il tappeto di tessere colorate mescolano Paul Klee a Bisanzio e ci invitano a salita all'ammezzato dove è stata felicemente sistemata l'esposizione originale di calcolatrici e macchine da scrivere donata al Fai dalla Olivetti.

L'inaugurazione
Mercoledì 20 aprile alle ore 11 in Palazzo Ducale a Venezia la presidente del Fai Ilaria Borletti Buitoni e il vice presidente Marco Magnifico presenteranno al pubblico la nuova acquisizione del Fondo per l'Ambiente Italiano: il celeberrimo Negozio Olivetti, capolavoro di micro-architettura d'interni realizzato da Carlo Scarpa nel 1958 in piazza San Marco a Venezia. Perfettamente restaurato dall'ente proprietario, le Assicurazioni Generali, il negozio di Scarpa verrà affidato in gestione al Fai che ne curerà, a partire dal 22 aprile, l'apertura al pubblico e la sua valorizzazione.

Oltre all'altissima qualità architettonica dei suoi interni, il negozio offrirà ai visitatori la visione della collezione Olivetti di macchine da scrivere e macchine da calcolo, donata al Fai dall'azienda di Ivrea. Alla cerimonia d'inaugurazione parteciperanno anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, i soprintendenti Ugo Soragni e Renata Cordello, Luciano Manfredi di Generali, Maria C. Bianchini d'Alberigo (presidente Fai-Veneto), Gretchen A. Gussalli Beretta (direttore lavori) e gli architetti Francesco Dal Co e Pio Baldi.

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