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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2011 alle ore 08:25.

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¶ Un'amica mi ha raccontato questo piccolo episodio. Lei, il marito e la loro figlia tredicenne una sera vanno al cinema. Finito il film pensano di andare in pizzeria, ma la ragazza, visibilmente preoccupata, dice che non può e che deve correre a casa al più presto. «Prima di uscire – spiega – ho scritto su Facebook che sarei venuta al cinema a vedere questo film. Non mi è piaciuto per niente! Devo tornare a casa e scriverlo subito ai miei amici, prima che vadano a vederlo!». Non so se questo microepisodio è abbastanza significativo per confutare il dotto ragionamento con cui Roger Scruton – in un articolo intitolato Filosofia di Facebook, vita reale o feticcio? pubblicato su «The New Atlantis» e di cui l'ultimo numero della rivista «Vita e pensiero» propone la traduzione, cerca di dimostraci, a suon di citazioni di Fichte, Hegel, Horkheimer e Adorno, che i socialnetwork sono una palestra per la solitudine, il narcisismo, i rapporti inautentici, e, soprattutto, inducono all'eliminazione del senso di responsabilità verso il prossimo. Intendiamoci: il saggio di Scruton è, come suo solito, ricco di osservazioni interessanti e profonde. «La giustizia – scrive – consiste nell'abilità di vedere come l'altro ha una richiesta per te», in quanto «soggetto libero come noi che domanda la nostra responsabilità. Per acquisire questa virtù noi dobbiamo imparare l'abitudine di incontri faccia a faccia, nei quali sollecitare l'assenso e la cooperazione dell'altro piuttosto che imporgli il nostro volere». D'accordo. Ma perché mai Facebook, o Second life, o internet in generale, dovrebbero impedirlo, privandoci «di tutto quello che rende le persone esseri morali – il rischio, l'imbarazzo, la sofferenza e l'amore –» restringendoci «a semplici punti di vista, in un mondo nel quale» in realtà non esistiamo più? Una ragazzina che si preoccupa sinceramente che gli amici possano essere stati da lei fuorviati, cos'altro è se non una persona morale e responsabile? Se questo esempio non vi basta, leggete il «New York Times» di giovedì scorso. Racconta
di quanto sia stata determinante per la rivoluzione del nord Africa la partecipazione nel 2008 di un gruppo di giovani egiziani a un convegno a New York, sponsorizzato da Facebook, Google, Mtv e Columbia Law School, sull'uso dei socialnetwork per la promozione della democrazia e della cooperazione tra individui.
Tutto ciò non è abbastanza "reale"?
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