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Questo articolo è stato pubblicato il 24 aprile 2011 alle ore 08:22.

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¶ Accanto alla muta fiumana di parole scritte e stampate per esibizione, per civetteria, per orgoglio, ci sono alcuni libri o momenti di libri che afferrano per la gola. Vito Moretti, ottimo poeta in lingua e dialetto abita a Chieti e in un'opera titolata Luoghi (Tabula Fati) scrive tra l'altro di Gerusalemme: «Qui la terra è inizio di cielo / e la rupe scende a toccare un aprile di perdoni e di incendi». Un libro intenso, teso. La carne quando è sola è invece di Vera Lùcia de Oliveira, riconosciuta poetessa brasiliana da anni in Italia. Edito da Società Editrice Fiorentina, Premio Alinari. Un calvario tra mormorio e grido, pudore e durezza, un'inchiesta sul morire di una persona cara. Qui, scrive il bravo studioso e poeta Alessandro Polcri, si sente «il grado zero della speranza». E poi arriva Stefano Re, milanese, all'esordio con Per una Siloe privata con Lietocolle, una raccolta asciutta nel tentare cose alte: «Mi chiedo... se resto dimesso tra il sogno e la notte... se resto o se muoio / o forse risorto / come un Lazzaro qualunque». Quando sento i critici dire che non si riesce più a fare mappe della poesia, penso che accada proprio perché pretendono che sia la critica letteraria – con i suoi strumenti e regole – a offrire tali mappe. Invece è la vita che offre gli elementi per la critica. Per fare critica occorre avere qualcosa in gioco nella vita. Essere in pericolo e rischiare l'anima – non solo la faccia – insieme ai poeti. Se no la critica si smarrisce e invece di contributo antropologico ed esistenziale diviene esercizio inutile. E dunque siamo a Pasqua, la festa del passaggio: la vita passa nella morte e l'eterno nella morte. La poesia abbevera i suoi poveri e meravigliosi cavalli in queste acque. Di fronte al volto del tempo che sembra un truccatore ubriaco. La poesia ci parla della contesa tra la vita che cerca la vita, e la morte che sembra negare tale ricerca.
Dove c'è questa contesa, che nel Passaggio di Cristo ha trovato l'estremo e vero teatro, troviamo la poesia contemporanea.
Poeti e lettori siamo sempre in una specie di settimana santa. Sempre venerdì santo dei
dolori e dell'abbandono,
sempre sabato del tempo
sospeso che cerca nelle proprie oscure vene. E sempre attesa e segni dell'alba di tutte le albe.
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