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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2011 alle ore 13:36.

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Il pianista Roberto Cominati è tornato all'Auditorium di Milano per eseguire con l'Orchestra Sinfonica Verdi, in tre concerti consecutivi come suole l'Ente milanese, il Concerto in Sol maggiore per pianoforte e orchestra di Maurice Ravel; direttore eccellente era Tito Ceccherini. Come sempre, Cominati ha profuso doti impeccabili di tecnica - tanto necessarie nell'ardua partitura che inizia quasi simbolicamente con una sorta di colpo di frusta - e di tocco incantevole, fraseggio, uso sapiente del pedale e profondità interpretativa.

Ha concesso un bis insolito fra i pianisti accademici, il breve e veloce I Got Rhythm di George Gershwin, per sottolineare l'intensa presenza di stilemi del jazz nel Concerto raveliano. A suo tempo, i protostorici appassionati europei del jazz tramandarono ai posteri la loro gioia quando, dopo la première parigina del Concerto nel gennaio 1932, seppero di quegli stilemi. Era l'epoca in cui cercavano, con molta ingenuità, di ottenere prove certe del valore della musica che amavano provenienti dalla sponda classica.

Il sottoscritto ha il privilegio di seguire Cominati – sebbene sia un personaggio al quale non è facile tener dietro con assiduità – dal momento fondamentale in cui, nel 1993, vinse il Concorso pianistico Ferruccio Busoni di Bolzano, primo italiano dopo 17 anni: perciò è giusto cogliere l'occasione per un dialogo. E' noto quanto quel concorso sia avaro nell'assegnare le prime poltrone (se non ricordo male, c'è stato un anno in cui il premio più elevato fu addirittura il quarto, non essendo stato giudicato alcun concorrente degno del primo, del secondo e del terzo). Quindi la vittoria di Cominati ha avuto un significato eccezionale: non bastasse, a provarlo c'è un cd che documenta le sue esecuzioni dei 24 Preludi di Frédéric Chopin e dell'Isle Joyeuse di Claude Debussy presentati al concorso. Allora Cominati, nato a Napoli sotto l'aureo segno dello Scorpione, aveva 24 anni. Oggi si avvia verso i 42 (ne dimostra di meno e ha la fortuna di essere bello) ed è nella fase della piena maturità. Rievoco con lui quei giorni: il maestro aveva già vinto dei premi e altri ne ha vinti dopo, ma è stato il Busoni a rivelarlo alla critica nazionale e internazionale.

Naturalmente non ripercorriamo il suo itinerario biografico, per questo ci sono il web e materiale cartaceo in abbondanza. Ma preme di sottolineare un punto. Cominati è stato un fanciullo prodigio. Spiega: <I miei genitori sono da sempre cultori di musica. Mi hanno regalato da bambino dei giocattoli musicali e poi una pianolina che ho imparato a orecchio, ma è stata decisiva. A cinque anni ho preso le prime lezioni di pianoforte, due anni dopo ho suonato in pubblico, a otto anni ho ottenuto l'iscrizione ‘speciale' al Conservatorio di San Pietro a Majella…e via così>. A questo punto non può mancare la domanda di rito sui suoi compositori preferiti. <Non ne ho – risponde – perché vado a periodi. Ho avuto fasi di particolare simpatia per Johann Sebastian Bach e altre per la musica francese. Adesso non saprei. Per esempio, suono volentieri il Concerto K488 di Wolfgang Amadeus Mozart perché era nella colonna sonora di un vecchio film di Luigi Comencini, L'Incompreso, ripetuto anche in televisione, che mi ha commosso assai. Al di là della musica classica apprezzo varie colonne sonore (penso alle musiche di Ennio Morricone per C'era una volta in America e Nuovo Cinema Paradiso), ricordo con piacere le canzoni di quando ero ragazzo, non mi dispiace affatto certo jazz e stimo Stefano Bollani un grande pianista>. Parliamo adesso dei suoi dischi. Sorride. Sa che sono pochi e non li ricorda nemmeno tutti. Per la Emi ha realizzato un cd ora introvabile dove interpreta il Carnaval op.9 di Robert Schumann e alcuni brani di Debussy; poi ce n'è un altro con musiche per pianoforte di Petr Ilic Cajkovskij e di Carl Maria von Weber; infine arriverà presto nei negozi un doppio cd, stampato a cura della rivista Amadeus, che propone (guarda caso) l'integrale delle opere per pianoforte di Ravel. L'ho ascoltato in anteprima, non lo si perda.

Dopo l'incantevole Concerto raveliano secondo Cominati, l'Orchestra Sinfonica Verdi ha proseguito con una prima assoluta di Sylvano Bussotti, la Sinfonia-Cielo da Pater Doloroso, ben restituita da Tito Ceccherini che è collaboratore esimio dei compositori contemporanei e futuribili. Presente l'autore, Ceccherini ha saputo ottenere vivi applausi da un pubblico di solito timoroso nei confronti della contemporaneità. D'altra parte, i venti minuti del lavoro di Bussotti si sono rivelati molto più potabili di altri suoi del passato. A seguire si sono ascoltati la bella Iberia di Debussy e il Boléro di Ravel, ovviamente subissato dalle ovazioni. Franco Fayenz

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