Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2011 alle ore 08:20.

My24

Il poeta Mario de Sa-Carneiro, amico e compagno per un pezzo di strada di Fernando Pessoa, voleva lasciare questo mondo e andarsene in giro per le stelle. Voleva disciogliersi, smaterializzarsi, fare capolino sopra la vita passando da una stella all'altra, collegandole con il suo passaggio, creando un disegno con il proprio stesso migrare astrarle. Cercò di farlo, di diventare una stella, e però forse scelse la stella sbagliata, o inciampò, e tra una stella e l'altra, prima che il disegno fosse finito, precipitò in terra. Prima di scivolare, nel marzo del 1916, prese la penna e scrisse a Pessoa: «A meno di un miracolo, il prossimo lunedì il tuo amico Mario de Sa-Carneiro prenderà una forte dose di stricnina e sparirà da questo mondo». In realtà passò un mese e poi la sua stella, appesantita da una vita che l'aveva sfiancanta, cadde giù.
Qualche anno prima il poeta portoghese si era domandato «Cosa farò nella vita, l'emigrante astrale?». Quella domanda ritorna ora ad aprire Racconto dell'uomo di carta, uno dei Racconti con figure che Antonio Tabucchi ha dedicato, dialogandovi, alla pittura e ai pittori. Tra i trentadue artisti presenti, ciascuno con una riproduzione a colori del l'opera, Tullio Pericoli, Davide Benati, Valerio e Camilla Adami, Johannes Vermeer, Piero Pizzi Cannella, José Barrias. Ecco, riprendendo la domanda di Mario de Sa-Carneiro, Tabucchi in questo libro sembra chiedersi «Cosa farò nella vita, l'emigrante onirico?».
Perché è un libro di sogni, questo elegantissimo Racconti di figure, un peregrinare dentro i propri sogni e fare invasione dietro le palpebre abbassate degli altri. «L'ultima volta che ho visto Antonio Dacosta è stato in sogno, alle Azzorre. Lui stava facendo il sogno e io vi entrai da visitatore. Posso entrare nel suo sogno, Maestro?, chiesi. Lui sollevò la tela del quando che stava dipingendo e mi rispose: entri pure nel mio quadro, la prego». Antonio Tabucchi, da buon emigrante onirico, attraversa – sognando a sua volta – il sogno del pittore e poeta portoghese Antònio Dacosta. Entra ed esce dalle sue tele («Mi scusi, Dacosta, dissi, ma devo uscire da questo sogno» e «Mi scusi se cambiamo sogno, disse, ma vorrei fargliela vedere, almeno da lontano»), e poi dopo aver scombinato il sogno di entrambi, esce un racconto, che è il sogno sognato da due, ed è il racconto che il lettore legge, subito dopo aver visto la tela. Da emigrante Antonio Tabucchi fa visita ai sogni di tutti gli artisti convocati tra le pagine di questo libro. Ne esce questo "sognario" incantevole, poetico, lunare, in cui lo scrittore si mette in viaggio, e con un passo che è soltanto suo, uno dopo l'altro bussa agli usci degli altri. Una volta bussato alza le palpebre, ci si infila sotto, e poi sparisce, per venirne fuori poco più in là, portandosi fuori una valigia di parole sognate, che poi disposte sul foglio raccontano la storia che il libro consegna al lettore. E se l'emigrante astrale Mario de Sa-Carneiro non riuscì a collegare tutti i punti nella vita, Tabucchi lo fa dentro i confini dell'opera, l'unica in grado di salvare. Traccia un linea invisibile, unisce Ioanna Koutsoudaki e Olga Luna, Jalal Raouf e Paula Rego, fino a congiungere Maria Helena Vieira Da Silva e Giancarlo Vitali.
È lì che Antonio Tabucchi, raggiunto l'ultimo punto, torna in superficie. Risale su la china fino a sfondare la superificie del libro. Tenta di farsi sognare così forte da bucare il sogno fino a uscire in copertina, nel meraviglioso ritratto che Valerio Adami gli fece nel 2000. Da lì, da quel sogno di Adami, Tabucchi ci guarda, noi, ipocriti lettori, suoi simili, suoi amici.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi