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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2011 alle ore 08:22.

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Nerone, l'imperatore urbanistaNerone, l'imperatore urbanista

Nerone il folle, il dissoluto, incendiario perché folle. Nerone il sanguinario e persino matricida. Esecrato dai senatori che vessò e dai cristiani che fece uccidere, ma anche amato senza riserve dal popolo di Roma e del mondo. Nerone superstar, mito imperituro. Il personaggio più raccontato di sempre dopo Gesù. Il tiranno maledetto capace di ogni iniquità anche post mortem. Nerone l'Anticristo.

È sin troppo facile sedurre le folle mettendo in mostra Nerone. Magari ridisegnando pigramente il ritratto a tinte fosche degli storici antichi (senatori o cristiani), e ignorando i tentativi più recenti di discernere le accuse vere dalle false e restituire un'immagine più obiettiva e pacata. Invece, la mostra romana (nel cuore di Roma tra Colosseo, Foro romano e Palatino, per la cura di Rossella Rea e Maria Antonietta Tomei) percorre una terza via che non disdegna le concessioni al mito ma lascia parlare soprattutto i monumenti. Mostra innanzitutto i suoi ritratti per far capire che era in fondo un ragazzo (salì al trono a 17 anni) e neppure troppo desideroso di potere. Che avrebbe preferito dedicarsi interamente alla cultura. Ma dai suoi studi e viaggi in Grecia trasse materia per trasformare la Roma informe di allora, cresciuta in pochi decenni senza criterio alcuno, in una città dall'urbanistica razionale e definita. Una nuova Roma.

Sono le scoperte archeologiche in Roma degli ultimi decenni, alcune delle quali recentissime, a disegnare la Roma neroniana. A partire dagli scavi sul Palatino che continuano a portare in luce le parti sotterrate della cosiddetta Domus Transitoria. Realizzata già da Claudio, fu però concepita da Nerone in tutta la sua grandiosità: doveva infatti consentire di "transitare" senza soluzione di continuità dalla residenza imperiale sul Palatino fino ai giardini degli imperatori sul colle Esquilino. La mostra consente di ammirare per la prima volta un'ampia porzione della Domus ancora in corso di scavo negli Horti Farnesiani, e al Museo Palatino le sue magnifiche decorazioni di marmi e stucchi. Mentre al Colosseo ricevono finalmente degna valorizzazione i risultati degli scavi che dal 1986 l'archeologa Clementina Panella conduce tra l'omonima valle e il Palatino, e che hanno rivelato il tempio di Claudio, l'edicola con le statue degli imperatori, la fontana augustea, e poi case di lusso e botteghe tutte sigillate dal famoso incendio del 64 d.C. quasi come Pompei. Hanno restituito finanche le pietre e gli oggetti bruciati da quei fatidici nove giorni che devastarono la città. E c'è pure un'enorme grata in ferro da una ricca dimora, spettacolarmente combusta. E un'animazione che ricostruisce visivamente l'espansione dell'incendio giorno per giorno, secondo il racconto di Tacito. Mostra quanta città distrusse insinuando che sicuramente il più disperato, in quei giorni difficilissimi, fu proprio l'imperatore stesso. Altro che declamazioni al ritmo della lira! In quei giorni Nerone perdeva la sua bella casa e già immaginava una ricostruzione faticosa, difficile, onerosa.

Fu un lavoro complesso che costrinse a interrare macerie per 4-5 metri, come rivelano ancora gli scavi Panella. Che restituì una città dalle vie finalmente ampie e spaziose per arginare il pericolo d'incendi, come narra ancora Tacito. E stimolò Nerone, come tutti sanno, a concepire una dimora imperiale ancora più estesa e ricca della prima. Una dimora come non ebbero neppure i sovrani ellenistici, ai quali pur s'ispirò. "Aurea", per tutto l'oro e le gemme che brillavano colpiti dalla luce nei suoi molti padiglioni. Perché era in realtà un parco immenso con edifici sparsi e persino «uno specchio d'acqua simile al mare», come scrisse Svetonio. Un parco dove Nerone, con opere idrauliche e sbancamenti, volle addirittura addomesticare la natura. La ricostruzione virtuale curata dall'architetto Alessandro Viscogliosi la mostra in tutta la sua ricercata complessità. E ora si può visitare anche la fantasmagorica sala rotonda, scoperta nel 2009 alla vigna Barberini sul Palatino, da dove Nerone forse ammirava dall'alto il suo megalomane capolavoro. Che non terminò mai, costretto alla morte troppo giovane. E chi venne dopo di lui ne obliterò ogni traccia al punto che ancora oggi capita di trovarne i resti quando si scava nel sottosuolo di Roma, com'è accaduto di recente durante i lavori per la nuova metropolitana. Capita di trovare sempre nuove testimonianze di quell'arte barocca di cui lui dettò le regole al mondo. Arte dell'eccesso, della meraviglia, scenografica. Eccentrica e seducente proprio come il suo imperatore. Arte che rivela, in fondo, tutta la sua gioia di vivere. Anche per questo il popolo lo amava.

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