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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2011 alle ore 08:21.

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Chi si aspettava i piagnistei è rimasto a bocca asciutta. Chi voleva proclami, manifesti e solenni promesse, sia deluso. Chi pensava, poi, che si sarebbe parlato di Berlusconi o Saviano non troverà spunti: non sono praticamente stati menzionati. Insomma, la «Generazione TQ» – che dalle pagine di questo giornale aveva lanciato l'appello alla riunione, tenutasi venerdì a Roma nella sede della Laterza –, c'è e si propone segnalando qualcosa di più serio e meno enfatico forse, ma magari più produttivo. La voglia di discutere, di confrontarsi, di dimostrarsi adulta (più di quello che molti "maestri" sono disposti a concedere) e di verificare quali poteri e possibilità ha di cambiare, sia nel concreto sia riposizionando alcune idee, parole e categorie fondative, «l'ecosistema culturale» (Nicola Lagioia) del nostro Paese. Non cercando l'accordo a tutti i costi: anzi. Le differenze tra i circa duecento intervenuti ci sono e alcune sono anche notevoli e forse pure inconciliabili. Ma questo è solo un bene.
Non è un caso che l'incontro sia stato a Roma, città che in questi anni ha più prodotto in termini di proposta editoriale-letteraria; che un nucleo forte di idee condivise e personalità sia riconducibile alla casa editrice minimumfax (dimostrazione tangibile di come si possa fare cultura innestandosi virtuosamente nel mercato; tema tornato molto spesso nel dibattito); che sia stata un'altra casa editrice (la Laterza) a ospitare il convegno: segno chiarissimo che l'editoria non può che promuovere, sollecitare, mostrare attenzione e far maturare nuove generazioni e talenti molto più di altri settori della produzione culturale. E se forse il limite della riunione era di natura tipologica (tutti scrittori, editori, editor o critici, molte altre professioni intellettuali escluse) a questo si potrà rimediare: è già prevista una seconda convocazione in ottobre.
Antonio Scurati – sul concetto di "inesperienza" che accomuna la generazione – e Federica Manzon – ridefinizione del ruolo dell'intellettuale – hanno aperto la lunga serata ponendo alcune basi teoriche. Nicola Lagioia e Giorgio Vasta hanno precisato il senso sociale e civile della riunione, portando anche alcune proposte minime concrete: insistere perché ci sia spazio per i libri nella tv pubblica, sciogliere alcuni nodi del mercato editoriale, avvicinare i politici. Ma non era il momento delle proposte. Al di là dei singoli interventi (moderati da Giuseppe Antonelli, hanno parlato,tra gli altri, Ricuperati, Ostuni, Cortellessa, Policastro, Raimo, Di Napoli, Stancanelli, Leogrande, Barillari, Meacci, Soriga, Serafini, Santangelo, Gallerani, Broggi) la promessa tacita dovrebbe essere quella di non sciupare questo potenziale di idee che è circolato nella serata romana. Di dargli seguito, coltivarlo e rafforzarlo (e Scurati ha proposto una testata online di informazione e racconto). Replicando a critiche e irrisioni (ci saranno) con argomenti, provando a scegliere un lessico e categorie nuove, che non ricalchino schemi di ideologie che, davvero, hanno fatto il loro tempo e non descrivono più la realtà di oggi, dominata dal precariato e da urgenze civili diverse da quelle di 3-4 decenni fa. Lo si può fare, a patto di prendersi sul serio, di impegnarsi nel proprio ruolo intellettuale (detto senza vergognarsi) con rigore, serietà, precisione maggiori delle generazioni che hanno preceduto la TQ e pretendendo che esso sia riconosciuto socialmente ed economicamente. È difficile ma bisogna iniziare. L'incontro romano è un primo passo. Ma qualcosa si muove: e Tutto Questo è già una (buona) notizia.
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