Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 maggio 2011 alle ore 08:20.

My24

Il Castello dei Carpazi fu pubblicato per la prima volta nel 1892 da quel regale signore dell'avventura che è lo scrittore francese Jules Verne (1828-1905). Lo compose in un periodo della sua esistenza turbato dalle sofferenze del corpo e dello spirito: nel 1886, un nipote con problemi psichici e per questo forse diseredato, gli aveva sparato due colpi di pistola e compromesso per sempre la deambulazione. Data la notorietà dell'autore, le cui opere uscivano all'epoca attesissime e già in contemporanea in Francia, in Italia e in altri Paesi, ne era scaturito uno scandalo attenuatosi, seppure mai del tutto chiarito e dimenticato, quando il giovane era stato internato in manicomio.
Verne ha acquistato fama per aver saputo comprendere le conquiste della scienza del proprio tempo, intuendone le potenzialità e gli eventuali sviluppi futuri. La visionarietà di Verne, che scaturiva dalla confluenza di conoscenze scientifiche di prima mano, slancio razionale ed esuberanza dell'immaginazione, rendeva strabilianti le sue invenzioni narrative, come il mondo tecnologico sottomarino di Ventimila leghe sotto i mari (1869-1870) o quello spaziale di Dalla Terra alla luna (1865). Per tale motivo, al nostro Guido Gozzano, e a tanti altri giovani che avrebbero vissuto la vertiginosa accelerazione di scoperte e realizzazioni della tecnica nel primo Novecento, Verne poté sembrare un vero e proprio "poeta dei prodigi", in grado di liberare una zampillante fantasia della scienza, ma non di cedere il campo a una scienza di fantasia, a una serie di trovate alla buona.
Il lettore appassionato alle straordinarie avventure di Capitan Nemo, Michele Strogoff o Phileas Fogg e Passepartout, riconoscerà la consueta abilità descrittiva e narrativa di Verne; e giovani protagonisti animosi – Nic Deck o Franz de Télek –, che sfidano il pericolo. Resterà però anche sorpreso dalle vicende misteriose di quest'opera tarda, che la casa editrice romana Avagliano rilancia ora con merito nella traduzione di Mariella Di Maio. Le invenzioni fantascientifiche perdono qui i tipici contorni luminosi di strumento dell'essere umano, teso a governare il mondo o la propria esistenza, per diventare proiezione di istinti e sentimenti oscuri: l'angoscia della morte, del male inatteso e ingovernabile. Nella cornice naturale di valli, montagne e gole di Transilvania, si staglia «il Castello dei Carpazi», che incute «un terrore contagioso»: strane presenze, con il buio, cominciano ad aleggiare fra le sue mura e fuori, sotto forma di voci e suoni sovrumani. Franz, alla ricerca dell'amata Stilla, sublime cantante lirica sua promessa sposa, morta (?) in scena, vi penetrerà fino a raggiungere una cripta dove troverà cibo e acqua per riprendere le forze. Il male è la morte, la follia; è Rodolphe de Gortz, l'odiato barone e proprietario del castello, è Orfanik, «scienziato incompreso», che mette le sue invenzioni a disposizione dello stesso barone. Quest'ultimo è un Dracula ante litteram: il «volto pallido e sottile, i lunghi capelli grigiastri, lo sguardo scintillante in fondo alle orbite nere»; ma si serve di macchine nascoste per difendersi dal resto del mondo e coltivare le proprie illusioni maniacali. Melodramma – passione di Verne che da giovane scrisse anche libretti d'opera – esotismo, avventura nell'avventura, soprannaturale, fantascienza, horror sono mescolati prima che nel Dracula (1897) di Bram Stocker: a declinare un genere del romanzo popolare che, negli anni avvenire, avrebbe goduto di un incontrastato successo, nutrito da un cinema sempre più spettacolare. Il romanzo è pure una sapiente variazione sul gioco di specchi fra vero e verosimile, fra reale e impossibile perché, come scrive Verne all'inizio del libro, oramai «apparteniamo a un'epoca in cui accade tutto, anzi in cui si potrebbe dire che tutto è accaduto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
il castello dei carpazi Jules Verne Avagliano, Roma pagg. 204|€ 14,00

Ultimi di sezione

Shopping24

Dai nostri archivi