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Questo articolo è stato pubblicato il 11 maggio 2011 alle ore 20:40.

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Bernardo Bertolucci Palma d'Oro alla carriera, Robert De Niro presidente di giuria e Woody Allen al 42° film e che per la quinta volta apre il festival di Cannes. Se la 64^ edizione del festival di cinema più importante del mondo voleva darsi un tono, lo ha fatto calando un tris d'assi. Bertolucci è forse la star più acclamata, anche i fotografi lo corteggiano, ha un sorriso agrodolce e la bellezza di un intellettuale sempre curioso. Scherza, racconta, dedica "il premio agli Italiani che hanno ancora il coraggio di indignarsi".

Da tutto il mondo gli chiedono dei suoi film, delle sue precedenti partecipazioni al festival. "Quattro volte sono venuto sulla Croisette, quattro volte non sono stato premiato. Quello che non ho ricevuto dalle giurie, mi arriva dal festival. Ecco perché penso a questa Palma come a un premio a un lungometraggio fatto delle migliori sequenze della mia carriera". Parla dei progetti futuri, "Io e te, tratto dal racconto omonimo di Niccolò Ammaniti, che sarà in 3D: è una tecnica che mi ha sedotto quando ho visto Avatar e non trovo giusto che sia di uso esclusivo della fantascienza e dell'horror"; torna al passato, a Ultimo tango a Parigi, "un'opera pericolosa, a un certo punto mi diede così tanta riconoscibilità che mi sentivo onnipotente: Brando lì fu unico"; guarda anche al presente, "al cinema italiano che rispetto al neorealismo, concentrato sulla tematica sociale, riflette molto di più su stile e linguaggio: mi vengono in mente cineasti come Paolo Sorrentino, Matteo Garrone ed Emanuele Crialese".


Come sempre meno generoso Bob De Niro, laconico e scorbutico. Con Bertolucci fece Novecento, "è un regista grandioso" e sarà proprio lui a consegnargli la Palma. Accanto ad Uma Thurman, bellissima e con occhialoni da sole, l'attore torna laddove divenne grande: qui, 35 anni fa, vinse Taxi Driver. "Ammetto che non so cosa cercare- prosegue De Niro- mi siederò e guarderò film. Sarà come una vacanza, vedere tutti insieme 20 film è una gran bella occasione. In 35 anni sono venuto a Cannes tante volte, amo i festival, aiutano la gente e i film ad avere attenzione, lavorano onestamente e premiano il merito". Forse avrà una sensibilità più registica- "mi piace tantissimo dirigere, anche se ha momenti molto dolorosi, come i tagli"- e promette un'assoluta assenza di timore reverenziale. "Non deve condizionarci il fatto che un autore sia famoso o meno, l'importante è il film, se funziona".


Si chiude con Woody Allen: il suo Midnight in Paris, grazioso, è un ottimo inizio per la rassegna. La Parigi moderna si intreccia con la capitale francese degli anni '20, in cui animano la vita sociale e culturale Scott e Zelda Fitzgerald, Hemingway, Cole Porter, Picasso, Dalì (grandissimo Brody, un minuto da mattatore). Per finire, e ricominciare, nella Belle Epoque. Un'opera vintage e surreale, in cui Owen Wilson attraversa la storia delle arti di un secolo,a Parigi, per ritrovare se stesso e non rimanere prigioniero della mitizzazione del passato. "Quando ero giovane sono stato molto influenzato dal cinema francese, italiano, europeo in generale- racconta il cineasta newyorkese-, nella mia formazione hanno avuto un ruolo fondamentale autori come Truffaut, Godard o René Clair: in Francia il cinema è arte, non un'attività commerciale". Gil, il protagonista, sceneggiatore abile e romanziere timido, è l'ennesimo alter ego di Allen. E Woody l'ha consegnato a un attore che è il suo opposto. "Owen Wilson è stato grandioso, siamo molto diversi, lui è così New York, così East side, beach boy e affascinante. Siamo l'opposto. Un grande dono per me, ha dato una dimensione inconsueta al film". Woody Allen è tornato: Midnight in Paris è un gioco divertente e elegantemente iconoclasta, forse un film minore nella sua cinematografia, ma piacevole.

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